Il dato emerge dalla relazione della presidente della sezione Controllo: «Il pregresso continua a incidere sul contenzioso, aumentando il rischio di pendenze potenziali e incrementando i costi legati a interessi e spese legali»
Tutti gli articoli di Sanità
PHOTO
Solo il 37% dei crediti "denunciati" dai fornitori verso le aziende sanitarie e ospedaliere calabresi è stato finora effettivamente liquidato. È questo il dato che emerge dalla relazione della presidente della sezione controllo della Corte dei Conti, Rosella Scerbo, illustrata durante il giudizio di parifica del rendiconto generale della Regione Calabria. Un giudizio che se per certi versi conferma ancora persistenti criticità ha fatto trapelare qualche luce, indice di una inversione di tendenza.
La difficile liquidazione
Lo scorso anno, infatti, è stata avviata la ricognizione del debito sanitario con la richiesta ai fornitori di dichiarare tutti i crediti vantati nei confronti delle aziende del servizio sanitario calabrese, attività conclusa a dicembre ma che, tuttavia, registra oggi difficoltà nella fase di liquidazione dei crediti ritenuti certi ed esigibili. Nella relazione si dà conto di questo aspetto, ascrivibile alla «mancanza di processi di liquidazione strutturati che rendono difficoltosa la fase di liquidazione tecnico amministrativa dei documenti contabili (fatture, parcelle, fatture per interessi di mora) che pertanto rimangono insolute e relativa ad un cospicuo numero di cessione del credito». La fase di liquidazione che avrebbe dovuto seguire quella di accertamento del debito sanitario, conclusa a dicembre del 2022, risulta ancora in itinere.
Il 37% di fatture liquidate
È la Corte dei Conti, sulla base dell'aggiornamento fornito dal dipartimento Tutela della Salute, a fotografare lo stato di avanzamento nel pagamento dei creditori. Alla fine dello scorso anno erano stati 1.268 i fornitori ad aderire alla procedura di circolarizzazione dei crediti cristallizzando un debito nei confronti delle aziende sanitarie e ospedaliere calabresi pari a 872.940.342 euro relative alle annualità fino al 31 dicembre 2020. Ad ottobre di questo anno sono state pagate ai creditori fatture per 328.101.554 euro «pari al 37% della richiesta complessiva».
Cifra per cifra
I dati sono contenuti nella relazione della Corte dei Conti: quel che è stato effettivamente pagato ammonta a 158.878.057 euro, vi sono poi pagamenti ancora in corso per un valore pari a 103.239.041 e, infine, ciò che è stato accertato come dovuto e quindi ritenuto liquidabile per 65.984.455 euro. Risultano poi posizioni in contenzioso pari a 199.399.620, di cui 39.010.313 già con titolo esecutivo.
La cessione dei crediti
Nella relazione si riferisce come le partite su cui sono state riscontrate maggiori difficoltà riguardano le cessioni dei crediti, in genere ottenuti da società di factoring, per un valore stimato in 14.846.028. Infine, l'extrabudget è pari a 146.158.651 euro, ovvero le prestazioni che le cliniche private accreditate hanno erogato al di fuori del tetto di spesa pattuito con le aziende e che ha generato in molti casi contenziosi, ancora pendenti. Tuttavia, con sentenze finora risultate favorevoli per le casse delle aziende sanitarie provinciali.
Oneri aggiuntivi
Vi sono poi «oneri aggiuntivi» scaturiti dalle procedure di circolarizzazione. I creditori hanno avanzato ulteriori richieste di somme pari a 37 milioni di euro per interessi e oneri accessori. Le aziende hanno prudentemente accantonato nei fondi rischi 116 milioni di euro ma risultano «in corso verifiche sugli interessi eventualmente dovuti per tutte le partite non pagate oggetto del debito». Il processo di ricostruzione dell'iter di mancata liquidazione è ancora in itinere nelle aziende sanitarie e ospedaliere, si legge nella relazione della Corte dei Conti, «e risulta particolarmente arduo per ragioni ascritte prevalentemente alla difficoltà di reperire sia la documentazione contabile ante 2020 che le attestazioni di reso servizio».
Il bubbone degli interessi
Insomma, ad un mese e mezzo dalla scadenza della legge che finora ha consentito di evitare i pignoramenti e introdotta per avviare verso una più spedita attività di ricognizione del debito e liquidazione delle fatture, le procedure appaiono ancora ben lontane dal dirsi concluse. Ma vi è di più, secondo la Corte dei Conti «il debito pregresso continua ad incidere sul contenzioso, aumentando il rischio di pendenze potenziali e incrementando i costi legati ad interessi e spese legali».
Lo scudo contro i pignoramenti
Un bubbone che potrebbe esplodere a breve, non appena i creditori potranno nuovamente procedere al pignoramento delle somme dovute per effetto della scadenza della legge che finora lo ha impedito. I giudici contabili confermano, inoltre, un tendenziale incremento dell'indebitamento delle aziende sanitarie e ospedaliere: «Lieve (2%) dal 2020 al 2021 ma più corposo (del 39%) dal 2021 al 2022».
L'indebitamento
Gli scostamenti di maggiore entità, per la Corte dei Conti, si osservano per l'Asp di Catanzaro con un incremento del 47%, seguita dall'ex azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio con un aumento del 46%, per l'Annunziata di Cosenza i debiti sono cresciuti del 37%, al Gom di Reggio Calabria l'incremento si attesta al 36% e all'ex policlinico Mater Domini al 32%. L'Asp di Vibo Valentia e Crotone aumentano rispettivamente l'indebitamento del 26% e del 25%.
I debiti con il tesoriere
L'unica azienda a far registrare un decremento è l'Asp di Cosenza: -3% dal 2021 al 2022. Per l'Asp di Reggio Calabria non è possibile ipotizzare variazioni dal momento che non si conosce la situazione debitoria antecedente al 2022. Dall'analisi puntuale dei debiti emerge come la voce che ha subito una maggiore crescita sia ascrivibile ai debiti maturati nei confronti dell'istituto tesoriere. All'Asp di Crotone schizzati da 14 milioni a 40 milioni, all'ex policlinico Mater Domini da quasi 3 milioni e mezzo a 18 milioni.
I debiti con i fornitori
Per i giudici contabili anche il valore dei debiti con i fornitori «ha un peso determinante sull'indebitamento complessivo delle aziende». Ad esempio, all'ex Mater Domini ha inciso per l'84% sull'indebitamento complessivo e all'Asp di Reggio Calabria per il 76%. Nell'ultimo triennio, «il totale dei debiti - conclude la Corte dei Conti - seppur cresciuto dal 2020 al 2022 ha tuttavia mantenuto lo stesso peso (dal 63% al 65%). Alla luce dell'analisi effettuata risulta evidente l'importanza per ciascuna azienda di procedere ad una ricognizione attenta del debito mediante un processo puntuale di controllo e di verifica delle posizioni creditorie ancora esistenti a carico delle aziende».
Il contenzioso
A pesare vi è infine il contenzioso che riguarda nel 22% dei casi cause legali intraprese dai fornitori commerciali, il 15% risarcimento dei danni, il 14% cause instaurate con il personale, il 3% con strutture private e infine un 37% indefinito. Secondo i dati forniti dal dipartimento Tutela della Salute, al 31 dicembre 2022 il valore complessivo delle cause è pari a 966 milioni e circa 49 milioni tra interessi e spese legali.
Possibili lievitazioni
«Tali valori sono suscettibili di incremento atteso che non tengono conto delle numerose cause di valore indeterminato - precisa la sezione Controllo -, del valore del contenzioso dell'ex azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio e del valore dell'esposizione debitoria derivante dal contenzioso "lavoro" dell'Aou Mater Domini, in quanto non forniti».