Basta tamponi alla prima linea di febbre e alla mascherina all'aperto. È la riflessione di Alberto Zangrillo, prorettore dell'università Vita-Salute San Raffaele di Milano e direttore del Dipartimento di anestesia e terapia intensiva dell'Irccs ospedale San Raffaele, secondo il quale «la ripresa graduale della normalità deve essere reale e deve interessare tutti. Non ci devono essere voci 'fuori dal coro' per distinguersi e rispondere al proprio egocentrismo».

«Tornare alla normalità - afferma - vuol dire curare tutti, vuol dire tornare ai valori più semplici dell'umanità, il primo dei quali è consentire al malato di vedere i propri congiunti ma, soprattutto piantarla di fare tamponi alla prima linea di febbre. Oggi a Milano 9 persone su 10 portano ancora la mascherina all'aperto e questo, per me, non è un segno di responsabilità ma di preoccupante psicosi collettiva, figlia dell'ignoranza, della disinformazione e dell'irrazionalità».

Lo specialista, in un'intervista all'Adnkronos Salute, descrive così la sua visione della nuova fase che si sta aprendo, dopo che la curva dei contagi schizzata in alto con l'avvento della variante Omicron ha cambiato direzione puntando verso il basso. Cosa rimarrà dopo l'ennesima ondata Covid? E quali sono le priorità adesso? «La cosa fondamentale - dice Zangrillo, dopo un silenzio di diverse settimane - è comprendere che o ripartiamo subito e realmente o distruggiamo irreparabilmente una società, fatta di persone, imprese, attività ma soprattutto di giovani che devono tornare a vivere sognando e potendo realizzare i loro progetti».

Ma i messaggi devono essere chiari e trasparenti, osserva, anche nel trattare temi come i vaccini: «Chi, come me, lavora in terapia intensiva, ha toccato con mano il ruolo straordinario della profilassi vaccinale che deve essere patrimonio di tutti e non della politica urlata. Altrimenti la gente non capisce e i più deboli pensano al complotto», ragiona.

«Le mie parole d’ordine: responsabilità sociale e buonsenso», ripete Zangrillo. E soprattutto il buonsenso a suo avviso va applicato al capitolo tamponi: «La considerazione più comune che ascolto è: 'Ho 37,5 di temperatura ma domani ho prenotato un tampone'. Dove abbiamo condotto il gregge?», si chiede l'esperto. Che guarda anche a quello che il mondo ha dovuto sacrificare per la lotta a Sars-CoV-2. Per esempio nella cura delle altre malattie. «Noi medici dobbiamo ascoltare, consigliare, visitare e, soprattutto, assumerci la responsabilità ed il privilegio di curare», dice.

Ma fra le priorità c'è anche altro: ora, per lo specialista del San Raffaele, è tempo di occuparsi anche di un altro pezzo di società che ha affrontato duri sacrifici in nome di Covid-19: «Il futuro del Paese sono i giovani, se limitiamo la loro libertà personale ne limitiamo le ambizioni e la potenzialità culturale. Mentre qualcuno speculava e si proteggeva con l'home working, migliaia di giovani nel pianeta lottavano disperatamente nel mondo del volontariato e dei servizi. Il parassitismo sociale va identificato e combattuto», conclude.