Nella nostra regione l'età media è di 82 anni contro gli 83,1 della nazionale. Il presidente della Fondazione, Cartabellotta: «Si sta lentamente sgretolando il diritto costituzionale alla tutela della salute»
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La spesa per la salute pagata di tasca propria dalle famiglie italiane vede una impennata del 10,3% nel solo 2023 e sono quasi 4,5 milioni le persone che, nello stesso anno, hanno rinunciato alle cure. Questi numeri, uniti alle diseguaglianze regionali e territoriali, alla migrazione sanitaria e ai disagi per i tempi di attesa e i pronto soccorso affollati «dimostrano che la tenuta del Servizio sanitario nazionale è prossima al punto di non ritorno».
La fotografia è scattata dal settimo rapporto Gimbe sul Servizio sanitario nazionale, presentato oggi a Roma. Rispetto al 2022, nel 2023 i dati Istat documentano che l'aumento della spesa sanitaria totale (+4.286 milioni di euro) è stato sostenuto esclusivamente dalle famiglie come spesa diretta (3.806 milioni) o tramite fondi sanitari e assicurazioni (553 milioni), vista la sostanziale stabilità della spesa pubblica.
«Le persone - spiega Cartabellotta - sono costrette a pagare di tasca propria un numero crescente di prestazioni sanitarie. Una situazione in continuo peggioramento». La spesa 'out-of-pocket', ovvero quella pagata direttamente dai cittadini, che nel periodo 2021-2022 ha registrato un incremento medio annuo dell'1,6% (+5.326 di euro in 10 anni), nel 2023 si è impennata aumentando del 10,3% (+3.806 milioni) in un solo anno. A questo si aggiunge il fatto che, secondo l'Istat, nel 2023, 4,48 milioni di persone hanno rinunciato a visite specialistiche o esami diagnostici per diversi motivi di cui 2,5 milioni per motivi economici, quasi 600.000 in più dell'anno precedente. Crolla poi la spesa per la prevenzione: rispetto al 2022, nel 2023 si riduce di ben 1.933 milioni (-18,6%), anche se tagliare oggi sulla prevenzione avrà un costo altissimo in termini di salute negli anni a venire.
Numeri che mostrano, spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, «come princìpi fondanti di universalismo, equità e uguaglianza sono stati ormai traditi e che si sta lentamente sgretolando il diritto costituzionale alla tutela della salute, in particolare per le fasce socio-economiche più deboli».
I dati della Calabria
In Calabria la percentuale delle famiglie che hanno rinunciato alle prestazioni sanitarie nel 2023 è pari al 7,3%, poco meno della media nazionale (7,6%). Rileva il rapporto Gimbe all'interno del quale sono raccolti dati, analisi, criticità e proposte che vanno dal finanziamento pubblico alla spesa sanitaria, ai livelli essenziali di assistenza all'autonomia differenziata, dal personale alla missione salute del Pnrr fino al piano di rilancio del Servizio sanitario regionale.
«L'aspettativa di vita alla nascita (dati 2023) - riferisce il report - è pari a 82 anni (media Italia 83,1 anni). Per il personale sanitario (anno 2022) sono presenti 1,91 medici dipendenti ogni mille abitanti (media Italia 2,11); 3,9 infermieri dipendenti ogni mille abitanti (media Italia 5,13) con un rapporto infermieri/medici dipendenti pari a 2,05 (media Italia 2,44). Dal rapporto in tema di Pnrr emerge che rispetto alle 61 Case della Comunità da attivare entro il 2026 non ne è stata dichiarata attiva alcuna. La percentuale pertanto è dello 0% (media Italia 19%); delle 21 Centrali operative territoriali da attivare entro il 2024 non risulta pienamente funzionanti alcuna Cot. La percentuale pertanto è dello 0% (media Italia 59%); E ancora: dei 20 Ospedali di Comunità da attivare entro il 2026 non ne è stato dichiarato attivo alcuno e quindi la percentuale pertanto è dello 0% (media Italia 13%). Al 31 luglio 2024 la regione ha realizzato il 18% dei posti letto aggiuntivi di terapia intensiva (media Italia 52%), mentre quelli di terapia sub-intensiva, al 31 luglio 2024 la regione ne ha realizzato l'8% (media Italia 52%)».