974 giorni. O, se preferite, due anni e mezzo. È il periodo medio che l’Asp di Cosenza impiega dalla pubblicazione del bando di concorso alla firma del contratto. Il dato è contenuto nel report presentato da alcuni studiosi (Enrico Tricanico - Cliniques universitaires Saint-Luc e  Diego D’Amico – Università della Calabria) alla 15^ assemblea nazionale Gimbe che si è tenuta a Bologna il 31 marzo del 2023.

Il report studiava l’impatto del Pnrr sulla sanità in Calabria e risale a prima della revisione del piano attuata dal Governo e di cui vi abbiamo già parlato. Le conclusioni erano abbastanza ovvie: la realizzazione degli interventi di natura edilizia non basterà per migliorare il quadro generale, se non accompagnata da un piano straordinario di assunzioni per tutte le categorie professionali. Se impieghiamo due anni e mezzo per assumere un professionista, quanto tempo servirà a colmare il gap di personale che oggi sconta la sanità calabrese?

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È il problema nel problema della nostra regione a fronte di un quadro generale non certo confortante. In Italia, secondo alcune stime, mancano 30mila dottori e 300mila infermieri. Come abbiamo scritto ieri il ministro della Salute, Orazio Schillaci aveva chiesto al Governo di inserire almeno quattro miliardi per il fondo nazionale nella prossima manovra di bilancio. Il titolare del MeF,  Giancarlo Giorgetti, ha fatto capire che lo stanziamento non ci sarà. Le risorse extra sarebbero servite per trattenere medici e figure sanitarie nel pubblico, pagare di più le prestazioni aggiuntive per quei professionisti che vorranno lavorare oltre l’orario normale magari per contrastare le lunghe liste d’attesa. Ma nella prima vera manovra di questo Governo gli spazi di manovra sono risicati e per gli investimenti sulla sanità tutti fanno orecchie da mercante.

Come dicevamo in Calabria il problema è duplice: non solo mancanza di risorse ma anche tempi burocratici sproporzionati. Il presidente della giunta regionale nonché commissario al Piano di Rientro, Roberto Occhiuto, per snellire la macchina amministrativa ha ideato “Azienda zero” che avrebbe dovuto essere il braccio operativo delle varie aziende sanitarie. Sappiamo tutti come sta andando finora. L’azienda non è mai decollata, finendo per delegare paradossalmente i suoi compiti alle singole Asp che avrebbe dovuto sostituire, ma soprattutto è diventata il motivo di scontro più forte fra lo stesso Occhiuto e il tavolo interministeriale di controllo. A questo si è aggiunta l’improvvisa morte del manager Giuseppe Profiti, una mancanza difficile da sostituire.

Allora per la sanità calabrese la notte è ancora più buia che da altre parti. E torniamo ai dati.

Quelli presenti nel report prendono ad esempio l’Asp di Cosenza perché è quella che ha espletato più concorsi nell’ultimo triennio 2019/2022 (17 su 44 totali pubblicati). E la lentezza delle procedure di reclutamento può in parte spiegare alcune contraddizioni del sistema. Ad esempio nell’ultimo decennio (2010-2020) le università calabresi hanno formato 3.568 infermieri. Nello stesso periodo ne sono stati assunti solo 965. Non certo perché non ve ne fosse bisogno: in Calabria ci sono 1,96 infermieri per 1 medico, la media italiana è di 2,57. La proporzione raccomandata dall’Oms è di 3,4.

Gli automatismi del Piano di Rientro e la scarsa incisività delle strutture commissariali hanno provocato, tra il 2009 ed il 2020, poi una diminuzione generale del 17,29% del personale sanitario (-2.625 operatori). Ancora peggio è andata nel settore amministrativo dove la contrazione è stata di oltre il 45%.

Come recuperare il gap visto che lo Stato non ha i quattrini per incentivare i camici bianchi che scelgono di lavorare in Calabria? Sarebbe auspicabile sul punto una discussione politica corale.