Lo prevede la legge di Bilancio, l’obiettivo è mitigare «fenomeni distorsivi nell'erogazione dell'assistenza sanitaria». La Calabria nel 2024 ha pagato 304 milioni di mobilità. Le intese entro il 30 aprile con una durata biennale
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È la legge di Bilancio ad aprire nuovi spazi per mitigare gli effetti della mobilità, utili soprattutto a territori come la Calabria in cui il costo delle cure fuori regione ha un impatto dirompente sui conti sanitari. Nel 2024 la Cittadella ha pagato un prezzo altissimo come conseguenza delle scelte dei calabresi di trovare altrove risposte evidentemente più appropriate alla domanda di cura.
Cifre record
Una spasmodica ricerca che si traduce nei fatti in cifre monstre. Sebbene il Governo nel riparto del fondo sanitario 2024 abbia destinato più risorse rispetto al 2023 alla sanità calabrese, una fetta consistente è finita poi nelle casse di altre regioni d’Italia: 304 milioni in meno sui quattro miliardi inizialmente stanziati. È questo il saldo della mobilità interregionale: 52 milioni in più rispetto al 2023, chiaro segnale di un trend che non accenna ad attenuarsi.
Le novità in legge di Bilancio
Tuttavia, in legge di Bilancio il Governo ha inserito specifiche misure per contenere il fenomeno. In particolare, si prevede che ai fini del «conseguimento del livello di appropriatezza nell'erogazione e nell'organizzazione dei servizi di assistenza ospedaliera e specialistica, è fatto obbligo a ciascuna Regione di sottoscrivere accordi bilaterali, per il governo della mobilità sanitaria interregionale e delle correlate risorse finanziarie, con tutte le altre Regioni con le quali la mobilità sanitaria attiva o passiva assuma dimensioni che determinano fenomeni distorsivi nell'erogazione dell'assistenza sanitaria».
Gli accordi bilaterali
E non più solo con le regioni confinanti. A fare da “arbitro” sarà il Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza della Conferenza Stato-Regioni. A sottoscrivere gli accordi bilaterali «obbligatori» sono le Regioni confinanti per «regolare i fenomeni della mobilità apparente e di confine». Le Regioni anche non confinanti «che registrino scambi di mobilità in entrata o in uscita per prestazioni a bassa complessità».
Il caso Calabria
E, infine, le Regioni che registrano complessivamente «una mobilità passiva pari almeno al 20% del fabbisogno sanitario standard annualmente assegnato sottoscrivono accordi con le corrispondenti Regioni, anche non confinanti, che registrano specularmente una mobilità attiva». La Calabria assomma tutti i casi, registra, infatti, sia una mobilità di prossimità con le regioni confinanti ma anche con quelle poste a non immediata distanza e per prestazioni a bassa complessità.
Lo studio a Fondazione Gimbe
Gli accordi dovranno essere sottoscritti entro il 30 aprile di quest’anno e avranno validità biennale. Nel frattempo, la Cittadella per venire a capo del fenomeno ha affidato alla Fondazione Gimbe uno studio sui «fattori sottesi alla mobilità apparente, al fine di adottare, successivamente, ogni iniziativa utile per la sua riduzione».
La mobilità apparente
Nello specifico, il tentativo è quello di stimare il valore del costo sanitario prodotto dai calabresi che pur vivendo fuori regione risultano ancora residenti in Calabria. Potrebbe trattarsi di studenti o lavoratori o ancora di chi si sposta frequentemente per ragioni personali o professionali o, infine, anziani che raggiungono i figli per lunghi periodi e che in questo lasso di tempo usufruiscono dei servizi sanitari delle regioni che li ospita.
Mobilità o permanenza?
Una buona cartina al tornasole del fenomeno potrebbe essere rappresentata dai medici di base. La presa in carico di pazienti indicherebbe non una condizione di mobilità temporanea ma di permanenza sul territorio. E in quest’ultimo caso si potrebbe discutere chi, tra la regione ospitante o di provenienza, debba farsi carico delle spese sanitarie.