Sanità

Al cuor non si comanda: primari e commissari in fuga dalla Calabria per amore (almeno così dicono). E restano solo i medici cubani

VIDEO | Il dottor Di Leo rinuncia a dirigere il Pronto soccorso di Cosenza per ragioni sentimentali, come fece Gaudio col ruolo di commissario ad acta. È il terzo abbandono nel giro di poche settimane, mentre il nostro sistema sanitario sembra attrarre solo camici bianchi caraibici

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di Massimo Clausi
4 ottobre 2024
06:15

Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce. Così il dottor Rocco di Leo ha deciso di rinunciare al suo incarico di primario del Pronto soccorso dell’azienda ospedaliera di Cosenza, nonostante avesse già firmato il contratto, ufficialmente per non meglio precisate «ragioni sentimentali».

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Per i calabresi non è una novità. Anche il professor Eugenio Gaudio, ex Rettore della Sapienza di Roma, rinunciò dopo 24 ore dalla nomina del Consiglio dei Ministri alla carica di commissario per la sanità calabrese perché la moglie non voleva venire in Calabria, infischiandosene del fatto che l’illustre marito sia di origine cosentine.


In entrambi i casi i gran rifiuti non sono fatti isolati ma arrivano al termine di una serie di no. A Cosenza, ad esempio, è la terza volta che un medico accetta l’incarico al Pronto soccorso per poi rinunciare. Prima di lui aveva gettato la spugna Domenico Lorenzo Urso apparso a Cosenza solo per l’inaugurazione dei nuovi locali del Pronto soccorso e poi fattosi di nebbia. Il suo predecessore, Pietro Scrivano, aveva invece resistito un anno e mezzo.

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Lo stesso era accaduto nel 2020 quando, dopo l'imbarazzante intervista tv del generale Saverio Cotticelli, che ignorava di dover essere lui a redigere il piano Covid, l’allora ministro della Salute Roberto Speranza non sapeva più dove trovare uno disposto a fare il commissario. Nel giro di poche settimane si era dimesso Cotticelli, seguito a ruota da Giuseppe Zuccatelli ed infine Domenico Gaudio per le motivazioni paradossali già dette. La scelta finale era finita su un ex Prefetto in pensione, Guido Longo

In quattro anni nulla è cambiato: nonostante i proclami di voler rendere più attrattiva la sanità calabrese, nessuno sembra disposto di buon grado a lavorare a questi latitudini. Immaginiamo cosa succederà con l’autonomia differenziata quando le regioni più ricche potranno mettere sul piatto incentivi economici a medici e specializzandi.

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Ma dire che nessuno vuole venire a lavorare in Calabria non è proprio esatto, perché qualcuno c’è. Mentre Di Leo rifiutava l’incarico, il presidente/commissario Roberto Occhiuto annunciava l’arrivo dell’ennesimo contingente di ben 66 medici cubani, accompagnati da video che sarebbero piaciuti al regime castrista. I caraibici sembrano gli unici che sembrano voler venire in Calabria. Chissà se fra loro qualcuno è disposto a fare il primario al Pronto soccorso di Cosenza…

Giornalista
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