Dal sei giugno scorso il punto di primo soccorso del “Chidichimo” non può effettuare più prestazioni che interessano l’area rianimativa. Insorge la Fials mentre il commissario Cotticelli è a lavoro per tamponare i disagi
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Il pronto soccorso di Trebisacce da ormai una settimana è privo della copertura di medici anestesisti. La convenzione sottoscritta tra l’Asp e l’Azienda ospedaliera di Cosenza il 5 novembre scorso (poi ratificata con delibera commissariale del 30 gennaio 2019) è scaduta e le figure mediche hanno levato le tende dal presidio di primo intervento insediato nell’ospedale “Chidichimo”. Quel presidio, ricordiamo, che rimane ancora chiuso – insieme al “Cosentino” di Cariati – per effetto del piano di rientro varato dall’allora governatore nonché commissario straordinario della sanità in Calabria, Giuseppe Scopelliti, nonostante ripetute sentenze, dal Tar al Consiglio di Stato, ne abbiano decretato l’immediata riapertura per un’oggettiva quanto macroscopica necessità.
L’alto Jonio ormai si cura in Basilicata
Oggi, causa l’ennesima carenza di personale, si registra l’ennesima beffa per un territorio, quello dell’alto jonio cosentino, che da qualche anno ormai, per curarsi, preferisce spostarsi di qualche chilometro a nord e accedere ai servizi medici della Basilicata, contribuendo di fatto ad aumentare la spesa sanitaria calabrese che ogni anno deve versare nelle tasche della sanità lucana circa 40 milioni di euro (a fronte di un ospedale chiuso che ne “consumava” molto meno della metà).
Astrusità burocratiche a parte, il vero problema è che il Pronto soccorso del “Chidichimo”, che svolge anche la funzione di presidio strategico lungo il tratto nord calabrese della Statale 106, senza anestesisti/rianimatori non può svolgere molte di quelle funzioni che sono in capo ad un reparto di primo intervento. E anche mettere dei punti di sutura diventa un pericolo.
La Fials punta il dito sui vertici dell’Asp
Una situazione che il Sindacato autonomie locali e sanità definisce «grave» con «la colpevole negligenza dei vertici dell’Asp di Cosenza e dell’Azienda Ospedaliera del Capoluogo che, nel caso malaugurato di un decesso, – dice il Segretario Aziendale della Fials Antonio Paolino - potrebbero essere perseguiti per legge come responsabili di interruzione di un pubblico servizio per aver messo a rischio la vita delle persone».
Cotticelli a lavoro per rinnovare la convenzione
Da quanto se ne sa, però, pare che il commissario Cotticelli, messo al corrente della situazione deficitaria ed emergenziale del Pronto soccorso trebisaccese, dal management ospedaliero, abbia subito messo mani alla convenzione per rinnovarla di altri tre mesi. Questo in attesa che si espletino gli attesi concorsi ma soprattutto che si dia seguito all’ultima ed inappellabile sentenza del Consiglio di Stato che ha decretato la riapertura dell’ospedale Chidichimo.
«La situazione, - ha ribadito il sindacalista Antonio Paolino - di per sé grave, inspiegabile e per certi versi addirittura inquietante, si appresta a diventare ancora più grave e rischiosa con l’arrivo della stagione estiva che fa aumentare in modo esponenziale la popolazione residente e quella itinerante. Eppure – ha osservato ancora Antonio Paolino dando atto al Gen. Cotticelli di essere ben a conoscenza delle condizioni di abbandono in cui è stata ridotta la sanità nell’Alto Jonio - nessuno di questi signori ha sentito il dovere istituzionale e morale di provvedere in tempo utile al rinnovo della Convenzione disattendendo, peraltro, le disposizioni della Struttura Commissariale e ponendo così rimedio a quello che secondo la Fials, come sempre attenta ai bisogni e ai diritti degli utenti della sanità pubblica, si configura come un’interruzione di un pubblico servizio destinato a tutelare la salute dei cittadini».
Un turno di lavoro al “Chidichimo” viene pagato 720 euro
In quest’ultima vicenda che ha interessato il “Chidichimo” di Trebisacce emerge anche un altro aspetto che, probabilmente, è il più triste di tutti: l’impassibilità dei medici convenzionati che hanno lasciato il loro servizio non appena scaduta la convenzione. Non sono rimasti un minuto in più. Eppure – leggendo nelle more il contratto stipulato tra l’azienda sanitaria e l’azienda ospedaliera – questi professionisti per ogni turno di lavoro hanno incassato ben 720 euro. Forse, da parte loro, ci si sarebbe aspettata un po’ di umanità in più. Ma come dargli torto?