Regione Calabria ancora inadempinte, rispetto agli obblighi di assicurare i Livelli essenziali di assistenza sanitaria, sopratutto per colpa dei tagli alla medicina territoriale. Dicono questo i dati del recente bilancio regionale approvato, e il codice rosso ormai permanente - rispetto ai servizi di base, alla prevenzione e all'offerta dei poliambulatori - si aggiunge alle difficoltà che si stanno incontrando nel contenere il contagio e nella vaccinazione.


«Dopo le riforme del federalismo sanitario - argomenta Marianna Mauro, docente di Management sanitario all'università Magna grecia di Catanzaro - si era stabilito di investire per superare l'eccessiva ospedalizzazione. In Calabria abbiamo dati stabili, invece, sull'evidenza che le risorse recuperate dopo il taglio dei posti letti non sono state indirizzate verso la medicina di base: poco più di 251 milioni spendiamo ogni anno per questo settore e la previsione per il 2019 dice che proprio le mancanze nella medicina territoriale rendono inadempiente la Calabria rispetto ai lea».

Poco, nel complesso delle voci che per il 65% assorbono il bilancio regionale, e gli effetti si vedono in quei servizi indispensabili che, appunto, definiscono i poliambulatori e i medici di famiglia come sentinelle malmesse. «Non c'è dubbio che a cascata questo si riverberi anche sulla medicina della prevenzione - sostiene Aida Mauro, che all'università catanzarese insegna Igiene - e lo si vede dai numeri bassi che riscontriamo in chi, ad esempio, si rivolge alle strutture per fare degli screening oncologici». Insomma va male e rischia di andare peggio, visto che i livelli di assistenza tramontano anche nell'anno in corso con l'aggravante di un commissariamento che dopo il decreto Calabria - avvisano dall'università - non può essere come è stato fin qui. «In questi anni si è badato al contenimento della spesa e alla razionalizzazione ma è mancata una politica sanitaria», conclude Mauro.