«Occorre sostituire i commissari». Da qui parte l’ultimo affondo del deputato del Movimento 5 stelle, Francesco Sapia che, intervenendo con una nota stampa in merito alla situazione della sanità in Calabria, ha affermato: «La struttura commissariale per la sanità calabrese va sostituita subito. Ha fallito per due motivi: primo, non si è raccordata con i commissari delle aziende del Servizio sanitario regionale, nominati dal governo in virtù del decreto Calabria; secondo, non ha mai voluto mettere mano alla rete dell’assistenza ospedaliera, considerando sacro il decreto commissariale numero 64 del 2016 di Scura e Urbani, che invece fa a pugni con le esigenze dei territori ed è pertanto vecchio, inadeguato e da rifare, intanto perché ha ignorato l’obbligo tassativo di riattivare gli ospedali di Praia a Mare e Trebisacce».

 

Il componente della commissione Sanità della Camera ha poi rimarcato: «Sostituire soltanto il commissario Saverio Cotticelli - continua - non avrebbe senso, perché il piano di rientro è, come sanno bene gli addetti ai lavori, sotto il controllo prevalente della sub-commissaria Maria Crocco, che ha la stessa visione burocratica della dirigente Angela Adduce, del ministero dell’Economia e delle Finanze, la quale ha a lungo taciuto sull’aumento del disavanzo sanitario e non ha mai voluto rispondere alle tante questioni che come Movimento 5 Stelle abbiamo posto, con cognizione e puntualità, in ordine alle carenze e ai paradossi della sanità regionale; a partire dal bengodi del policlinico universitario Mater Domini, riempito di soldi ma senza Pronto soccorso ed emergenza-urgenza».

 

Quindi l’appunto finale: «Se davvero hanno a cuore la sanità calabrese, il ministro della Salute Roberto Speranza e il suo vice Pierpaolo Sileri – conclude Sapia – focalizzino il punto: non è più possibile gestire il piano di rientro in remoto, con commissari che restano chiusi in una stanza, che non è quella di Gino Paoli, non comunicano con i vertici delle aziende del Servizio sanitario regionale e addirittura eseguono ordini impartiti da burocrati di Roma, confermati malgrado le loro gravi responsabilità».