La somministrazione di un microgene sarebbe in grado di stimolare la rigenerazione dell'organo, portando al recupero quasi completo della funzionalità cardiaca dopo nemmeno un mese
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La scienza continua a fare passi in avanti, provando – in questo caso – a risvegliare un cuore ferito. Come?
I ricercatori dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Sant’Anna di Pisa dell’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB) di Trieste hanno scoperto che la somministrazione di un piccolo farmaco genetico dopo un infarto stimola la rigenerazione del cuore attivando la proliferazione delle cellule cardiache.
Gli esperimenti (sulle cavie, per il momento) si ispirano alla capacità di salamandre e pesci di rigenerare i loro organi perduti.
La rigenerazione del cuore
In questo studio, che è stato pubblicato sulla rivista Nature, il team di ricerca guidato da Mauro Giacca dell’ICGEB (Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologia) di Trieste e Fabio Recchia dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha dimostrato come la somministrazione di un piccolo RNA, chiamato microRNA-199, sia in grado di stimolare la rigenerazione del cuore nel maiale, portando al recupero quasi completo della funzionalità cardiaca a un mese dopo l’infarto.
I risultati di questo studio rappresentano la prima dimostrazione che è possibile riparare il cuore di un animale di grossa taglia sfruttando gli stessi meccanismi con cui rigenera spontaneamente il cuore dei pesci e delle salamandre. Il cuore del maiale è molto simile a quello umano dal punto di vista delle proprietà anatomiche e fisiologiche, facilitando quindi il trasferimento di questi risultati ai pazienti.
«Analizzando molte specie animali diverse, abbiamo trovato un piccolo frammento genetico che spinge le cellule del cuore a dividersi. Lo abbiamo somministrato ad alcuni maiali dopo un infarto e abbiamo notato un ritorno alla normalità, almeno temporaneamente» spiega Giacca. Le salamandre hanno la peculiarità di far ricrescere gli organi perduti.
«Una specie di pesci detta zebrafish, dopo un danno cardiaco, resta immobile per alcuni giorni. Poi riprende a nuotare normalmente. Il suo cuore nel frattempo si è rigenerato», racconta il ricercatore.
Una sperimentazione clinica ancora da collaudare
«Ci vorrà un po’ di tempo prima poter iniziare la sperimentazione clinica utilizzando questa nuova terapia – spiegano Mauro Giacca e Fabio Recchia – Il trattamento finora è stato condotto utilizzando un virus modificato per veicolare le molecole di RNA all’interno delle cellule del cuore, ma questo non consente di controllare in maniera precisa il dosaggio, causando effetti indesiderati a lungo andare. Dobbiamo imparare a somministrare l’RNA come fosse un farmaco sintetico; sappiamo già che è possibile, perché abbiamo già visto che funziona nei topi».
Il microRna-199 è una piccola molecola che viaggia attorno alla doppia elica del Dna, accendendo e spegnendo geni, indicando quali e quante proteine devono essere prodotte per il buon funzionamento delle cellule. «E' presente in moltissime specie animali, segno che l'evoluzione lo considera uno strumento importante» spiega Giacca. «Ma non si trova nel cuore. Noi lo abbiamo inserito nell'organo dei maiali con un intervento chirurgico, usando dei virus per recapitarlo all'interno delle cellule». Se l'infarto aveva danneggiato una certa porzione del muscolo cardiaco, la somministrazione del micro-Rna riparatore è avvenuta nella regione che circondava questo danno: una zona grigia in cui si alternano cellule morte e ancora vive. «Sappiamo che le cellule del cuore sono restie a dividersi, ma dopo il nostro intervento abbiamo visto che quelle rimaste vive si sono moltiplicate, rigenerando l'organo danneggiato».
Tra i sogni di Giacca, c'è «una terapia che venga somministrata al paziente un paio di giorni dopo l'infarto, quando già ha iniziato a formarsi la cicatrice, usando un catetere anziché intervenire con la chirurgia. La giusta dose di micro-Rna, iniettata in questa fase ai margini della zona danneggiata, dovrebbe dare i migliori risultati».
I postumi degli infarti o anche solo l'invecchiamento della popolazione fanno sì che 23 milioni di persone nel mondo soffrano di scompenso cardiaco.
La speranza, ora, è che tali sperimentazioni possano essere un nuovo punto di partenza nel settore della cardiologia, dopo le ricerche infruttuose sulle staminali del cuore.