VIDEO | Il papà del 13enne catanzarese affetto da neoplasia offre trasporto a persone disabili e anziani e pensa alla costruzione di una casa di accoglienza per le famiglie dei piccoli pazienti del Bambino Gesù di Roma
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C’è un dolore familiare dietro l’associazione “Regalati un sorriso” presieduta da Giovanni Simone, papà del piccolo Antonio. Un guerriero di soli 13 anni di Catanzaro, che quando ne aveva appena 3 ha iniziato la sua battaglia contro un brutto male. Tutto è partito da una semplice caduta mentre il bimbo giocava con la sorellina e i cuginetti.
«Inizialmente si pensava ad una banale caduta e invece quello è stato il segno che il Signore ci ha voluto mandare per scoprire la malattia – racconta -. La malattia era già all’ultimo stadio. Tutta la famiglia è caduta nello sconforto. Non ci davamo pace per questa disgrazia ma per fortuna l’abbiamo presa in tempo. Se fossimo intervenuti qualche mese più tardi, a quest’ora il bambino non ci sarebbe più».
Il coraggio di Antonio
Una malattia che il giovane guerriero, che oggi frequenta la terza media, sta affrontando con coraggio e dignità, dopo anni di interventi, cure e terapie delle quali da due anni è pienamente consapevole: «Abbiamo iniziato a portare avanti i nostri progetti da circa due anni perché da quel momento il bambino è venuto a conoscenza di tutta la verità ovvero del fatto che, anche se il periodo più difficile l’abbiamo superato, tra qualche anno le terapie potrebbero portarlo a non vedere più la luce del sole. Se l’associazione oggi sta continuando a lavorare e sta portando avanti dei progetti importanti è grazie a lui perché Antonio vuole far conoscere la sua storia. Fino a qualche anno fa preferiva non farlo e anche se ora non vuole esporsi personalmente, contribuisce comunque con le sue idee e con la sua voglia di fare perché il suo obiettivo è aiutare il prossimo in silenzio, senza clamore».
"Pasquale il taxi solidale"
Una dura realtà che ha spinto Antonio e la sua famiglia a offrire il proprio tempo agli altri, attraverso progetti e iniziative dedicati alle fasce più deboli della popolazione come “Pasquale il taxi solidale”, un mezzo per accompagnare gratuitamente anziani e disabili in difficoltà, in strutture sanitarie o uffici pubblici, un modo per superare le difficoltà nell’accesso ai tradizionali mezzi di trasporto pubblico, promuovendo così l’autonomia delle persone a rischio emarginazione, chiamando almeno 5 giorni prima i numeri dedicati (0961878979 - 3713524284). «Per questo tipo di servizio, che al momento viene offerto a Catanzaro e dintorni, noi non chiediamo un centesimo, lo facciamo a titolo gratuito ma se qualcuno vuole fare delle donazioni per sostenere i nostri progetti ben venga».
"La casa di Antonio"
Ma non è tutto, il dolore e la sofferenza di questi anni hanno portato Giovanni e l’intera famiglia, quindi anche mamma Carla e i fratellini Martina e Matteo, di 14 e 10 anni, ad andare oltre, pensando di gettare le basi per la costruzione della “Casa di Antonio”, una struttura dove ospitare le famiglie dei bimbi ricoverati in oncoematologia pediatrica al Bambino Gesù di Roma: «È il progetto più importante che l’associazione sta cercando di portare avanti perché chi si trova in una situazione del genere sa quando entra in ospedale per combattere contro la malattia ma non sa quando ne uscirà. Noi ci siamo passati, siamo stati a Roma un anno e mezzo con tutte le nostre difficoltà. Siamo una famiglia normalissima che vive con uno stipendio ma in quel momento purtroppo ho dovuto lasciare il lavoro come ragioniere in un’azienda.
L’ho dovuto fare per seguire la malattia di mio figlio e senza entrate mensili le difficoltà sono cresciute enormemente. E anche se in questi casi la solidarietà degli altri inizialmente si vede, quando le cure si prolungano possono essere tutti solidali ma alla fine ci si ritrova da soli. La mia fortuna è stata la mia famiglia che non mi ha mai abbandonato. Ringrazierò sempre mio padre, che oggi non c’è più, che mi ha sostenuto nel mio dolore e mi ha mantenuto a Roma. Ma devo ringraziare anche la Fondazione per l’infanzia McDonald in Italia perché mi ha ospitato a titolo gratuito. Ho passato 13 mesi senza pagare un centesimo, alloggiavo presso questa casa che accoglie i bambini malati e le loro famiglie. Da qui l’idea di portare avanti il nostro progetto perché purtroppo ce ne vorrebbero tante di queste strutture su Roma per poter ospitare i bimbi e le loro famiglie».
Aiutare il prossimo
Una storia di grande sofferenza dunque che si è trasformata in impegno concreto: «Ho deciso di fare tutto questo perché purtroppo il dolore l’ho toccato. E non solo sulla mia pelle ma anche attraverso i genitori degli altri bambini. E lì ho capito davvero cosa significa essere solidali nei confronti degli altri. Noi diamo semplicemente una mano per poter iniziare e affrontare una nuova giornata di vita perché la vita è la cosa più bella che ci possa essere».