«Gli utenti sono tanti, arrivano da tutta la provincia di Cosenza, e nel nostro reparto in questi giorni si vive con molta tensione perché ci sono pazienti immunodepressi e per questo più ricettivi al contagio». A parlare è Gianfranco Filippelli, primario dell'Oncologia all'ospedale Paola, un reparto considerato un'eccellenza della sanità calabrese, che in questi giorni di emergenza sanitaria legata alla pandemia del coronavirus, si trova a fare i conti con misure di protezione precarie e il conseguente rischio di contagio per il personale sanitario e per pazienti, già fortemente provati nel corpo e nella mente dalla malattia. 


«L'attenzione è tanta - spiega Filippelli -, anche perché la situazione generale del Tirreno cosentino è segnata da episodi poco piacevoli per quanto riguarda i comportamenti e lo stile di vita che bisogna tenere in questo periodo». Pertanto «la tensione tra operatori sanitari è forte». Tali condizioni lavorative, però, non scalfiscono l'amore di medici e infermieri nei confronti dei loro pazienti. «Il nostro dovere - dice il primario - è quello di farci carico di tutte le loro problematiche e lo facciamo tranquillamente, ovviamente cercando di proteggerci al massimo».

 

LEGGI ANCHECoronavirus in Calabria, contagiati e deceduti: gli aggiornamenti 

Carenza di protezioni individuali

È noto che in queste settimane negli ospedali calabresi c'è una carenza di tutti i dispositivi di protezione individuali e l'ospedale di Paola non fa eccezione. «Mancano le mascherine quelle veramente protettive, cioè le ffp2 ed ffp3 - ammette Filippelli -, quindi andiamo avanti con mascherine chirurgiche. Sono poche quelle che riusciamo ad utilizzare, razionandole al massimo, perché noi non dobbiamo proteggerci solo da eventuali contagi da virus».

Operatori esposti a sostanze tossiche

C'è una parte di operatori professionali, infatti, che nel reparto di Oncologia lavora a contatto con i farmaci ad alto rischio di tossicità. «Noi preferiamo che il materiale protettivo venga utilizzato prima di tutto dagli operatori che stanno in cappa a flusso laminare (una cappa che sterilizza l'ambiente, ndr), perché sono esposti a sostanza tossiche - assicura il primario -. Noi altri cerchiamo di proteggerci con quello che l'azienda sanitaria ci sta fornendo, mi riferisco a mascherine chirurgiche e mascherine ffp2, solo quelle riusciamo ad avere».

Operatori sanitari stanchi e provati

«Il problema principale - dice ancora Filippelli - è che non sappiamo quando tutto questo finirà». Circostanza che dal punto di vista psicologico può rappresentate un grande ostacolo. «Poi ci sono i turni massacranti e le restrizioni, torniamo a casa e rispettiamo le regole, quindi non usciamo, non c'è una ricarica ottimale per affrontare la situazione». Poi conclude: «Però ci adeguiamo a questo stato di cose, augurandoci che possa finire il prima possibile».