Dopo mesi di timore è arrivata la circolare del direttore dell’Asp, Giuseppe Giuliano, che certifica il passaggio dell’Urologia da Tropea a Vibo Valentia dal 19 ottobre. È quanto rende noto Domenico Cortese di Calabria sociale per il quale tale passaggio “conduce alla chiusura “di fatto” del presidio tropeano, ridotto ormai ad un pronto soccorso. «Già da molte settimane – fa sapere Cortese – stavamo lavorando ad una campagna popolare di portata regionale, con molti comitati locali e operatori sanitari. Non per fare la guerra a Vibo ovviamente, ma per scagliarci finalmente contro la logica iniqua del piano di rientro e pretendere il diritto alla salute per tutti».

Ospedale di Tropea sempre più spoglio

Il presidio ospedaliero di Tropea, ed il suo depauperamento, «sono l’emblema di come la distribuzione dei livelli assistenziali sul territorio e la logica del definanziamento della sanità pubblica vadano contro la razionalità e il diritto alla salute. A causa dei minori fondi perequativi per la propria sanità, la Calabria ha dovuto subire il folle piano di rientro, invenzione del federalismo fiscale: 4000 posti da operatori sanitari e innumerevoli posti letto persi, 0,30% in più di Irpef, nonché una maggiorazione delle accise per la benzina e dei ticket, rimborso del prestito di circa 50 milioni di euro concesso dal governo alla Regione, comprensivo di interessi da usura».

I servizi carenti

Per Calabria sociale «il trasferimento del reparto di Urologia a Vibo Valentia è, sì, giustificato dall’attuale riparto di competenze nelle strutture sanitarie regionali, ma allo stato dei fatti si aggiunge a mancanze evidenti e grottesche, come la disapplicazione dei Decreti commissariali del 2016 sui posti letto riservati a Tropea – che prevedevano, tra l’altro, il funzionamento dei reparti di Ortopedia, Geriatria, Medicina Generale, Chirurgia, Oncologia Medica – e la mancanza di servizi che in un luogo strategico come la costa tra Capo Vaticano e Zambrone dovrebbero essere indiscutibili in un sistema che garantisca il massimo delle tutele, persino una sala rianimazione e una camera iperbarica sarebbero opportune in un luogo come Tropea».

Le ricadute su residenti e turisti

Inoltre «secondo la bozza del Piano Regionale di sviluppo turistico della Regione Calabria del 2019, infatti, considerando la sola componente straniera, in termini di arrivi è la provincia di Vibo Valentia a registrare la quota più elevata (48%) sul totale degli arrivi stranieri della regione. Ciò pone, innanzitutto, un pericolo di immagine e di diplomazia nel caso in cui un visitatore straniero venga a trovarsi in una situazione di emergenza e non trovi assistenza immediata ed adeguata. È forse una problematica meno importante, ma tuttavia da tenere in considerazione viste le caratteristiche economiche della nostra terra».

 

Ma soprattutto, «lo stesso Piano illustra come l’82,3% degli arrivi totali e il 91,4% delle presenze totali si concentra nelle località marine (di tutte le province) ed il 51,6% delle presenze totali si concentra nelle località marine del Tirreno, di cui il 53,1% afferisce alla provincia di Vibo Valentia. Si parla di 381.317 arrivi e 2.476.086 presenze nell’anno 2017, visibilmente in aumento negli anni successivi. Un’affluenza di questa portata di persone che afferiscono al presidio tropeano, estremamente maggiore rispetto alla popolazione ordinaria del luogo, non può che rendere irrazionale un suo graduale impoverimento».

Il Decreto Calabria

Un cambio di rotta era stato promesso con il noto Decreto Calabria ma «in assenza di nuovi seri finanziamenti e di un cambio di struttura decisionale del Servizio Sanitario – che sarebbe gestito in maniera molto più efficiente e trasparente a livello Statale per mezzo di concorsi pubblici – si è limitato a continuare il compito decennale del commissariamento e ha, anzi, provocato rallentamenti nella nomina di nuovi direttori generali e persino acutizzato il decadimento della medicina territoriale».

La tutela della salute

«Come cittadini consapevoli dei nostri diritti – si fa presente nella nota - non accettiamo più politiche che non investano su borse di studio in medicina, o lo smantellamento dell’assistenza territoriale, l’impoverimento degli ospedali periferici e la precarietà ed esiguità del personale che dovrebbe tutelare la nostra salute. Il punto non è il voler avere un servizio a discapito di un altro centro come Vibo Valentia: ogni area deve usufruire del diritto alla salute in egual misura. L’attuale trasferimento, però, è un ulteriore effetto della guerra tra poveri scatenata dal piano di rientro che renderà, nelle condizioni attuali, il presidio di Tropea svuotato di ogni sua reale funzione. Per di più, concentrare ulteriori funzioni sul presidio vibonese che è, attualmente, centro Covid, appare come un puro controsenso».

«Si sospenda il trasferimento»

Quindi la richiesta di sospendere la «decisione circa il passaggio del reparto Urologia al presidio di Vibo Valentia in attesa dell’implementazione delle misure previste per Tropea dal DCA 2016 e, in generale, il finanziamento delle risorse necessarie a tutto  il sistema sanitario calabrese pubblico per il raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza. A tale scopo, ove non dovessero arrivare notizie positive, la nostra associazione – conclude Calabria Sociale – insieme  alla cittadinanza locale, ha intenzione di preparare una manifestazione popolare da realizzare con l’appoggio di diverse associazioni e comitati  locali, invocando la partecipazione responsabile della politica locale e delle sigle sindacali».