VIDEO | Lasciati soli in prima linea, soverchiati da un carico di lavoro immenso, con tutto il peso dei pazienti Covid a domicilio sulle loro spalle. E a breve faranno anche i tamponi
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«Alla fine dell’inverno, in questa situazione, come si farà a reggere? Ci vogliono uomini che abbiano le competenze per organizzare servizi di emergenza efficienti. Chi paga le conseguenze sono i cittadini in primis. I medici, del pronto soccorso, dell’ospedale, i medici di famiglia». È un grido disperato quello dei medici di famiglia. Stretti tra pazienti con patologie, pazienti covid, vaccini antinfluenzali. Il telefono di Rosalbino Cerra, che rappresenta i medici di famiglia a livello regionale, è bollente. Siamo nel suo ambulatorio, oggi è giorno di vaccinazione, e il suo cellulare non smette di squillare. Mentre parliamo corre da una parte all’altra dello studio. Lo rincorriamo lungo il corridoio mentre una efficiente segretaria gestisce l’ingresso dei pazienti. S’interrompe e risponde al telefono. Poi riprende ancora a parlare. «Il punto più critico? Sono le Usca» - dice.
Così salta la cura domiciliare
I medici di famiglia non hanno un contatto diretto con i medici delle unità speciali e perciò devono chiamare ad un centralino dell’ufficio di igiene. «Ho 8 pazienti covid. Li monitoro 3 volte al giorno e quando vanno in situazione di criticità ho bisogno di un medico che possa visitarli a domicilio. La scorsa settimana ho provato disperatamente a contattare l’Usca per un’ora al telefono. Niente da fare. Alla fine, vestito come ho potuto, sono andato io ed ho dovuto fare tampone antigenico a mie spese per essere sicuro che dopo 5 giorni non mi fossi contagiato e poter continuare a venire in ambulatorio».
Come sta la sua paziente? «Alla fine ho dovuto ricoverarla. L’unica cosa che potevo fare era mandarla in ospedale. Così però salta la cura domiciliare e ingolfiamo gli ospedali».
Contatto diretto con il paziente
«Siamo diventati il call center della sanità» sorride Cerra, nonostante la situazione, non ha perso il suo umorismo. «Il che può andar pure bene: noi medici di famiglia conosciamo i pazienti, le loro patologie e le criticità. Ma così rischiamo di scoppiare». Richieste di tamponi, dubbi da chiarire («Il raffreddore senza tosse è un sintomo?»), certificati per il lavoro: la grande maggioranza di quelle telefonate riguarda il Covid.
I medici di famiglia faranno anche i tamponi
Rosalbino Cerra che è anche segretario regionale della Fimmg si sta occupando personalmente della questione dei tamponi che potranno essere fatti anche dai medici di famiglia. «La categoria risponderà a questo appello nazionale, ma sarà volontario e non obbligatorio per i medici. Ed escluderemo i colleghi over 65 anni, quelli che hanno patologie o i medici in gravidanza».
L’azienda sanitaria, però, dovrà garantire le strutture perché chiaramente i medici di famiglia non possono fare i tamponi nei propri studi, quasi sempre collocati in condomini o edifici privati. «Se tutto va bene, in questa settimana firmeremo l’accordo regionale. Speriamo di partire presto».