La sanzione interdittiva notificata al Presidente Oliverio da parte dell’autorità anticorruzione sulla nomina di Santo Gioffrè a commissario straordinario all’ASP di Reggio, è una intricata matassa di interpretazione giuridica, più che un fatto di grande rilevanza ammnistrativa. Anzi in quanto a rilevanza, potremmo dire che essa è inversamente proporzionale allo scenario da Tsunami evocato  da alcuni titoli giornalistici. Una vicenda confinata molto sul terreno giuridico e che, al netto di dell’evocazione di scenari catastrofici che incombono  sulla testa del Presidente della Regione, potrebbe essere destinata  a sgonfiarsi rapidamente. D’altronde basta leggere tra le righe del provvedimento per comprenderlo. Infatti, la stessa autorità presieduta dal bravo ed equilibrato magistrato Raffaele Cantone, lo scrive nel contesto dello stesso provvedimento: “l’autorità è consapevole che la norma pone non pochi problemi ermeneutici ed interpretativi e non individua nemmeno un specifico procedimento per la sua applicazione” – poi prosegue – “in assenza dell’auspicato intervento emendativo del legislatore, non potendo disapplicare la norma, l’Autorità, pur riservandosi di emanare al più presto una determina interpretativa sul punto, invita, come già avvenuto in altro analogo procedimento, il responsabile della prevenzione della corruzione della Regione Calabria a contestare ai soggetti emittenti la nullità del Provvedimento di nomina. Dal momento della contestazione scattono per i tre mesi successivi la sanzione interdittiva”.   Basterebbe prendere atto di questo dispositivo, dunque, per comprendere che la delibera è stata assunta con non pochi dubbi interpretativi.


Analizziamo il  cuore della questione: la nomina di Santo Gioffrè violerebbe il decreto 39 del 2013 (legge sulla incompatibilità degli incarichi nella pubblica amministrazione) tale violazione produce  l’incompatibilità nei confronti di coloro che hanno emanato la nomina, in questo caso, la precedente Giunta regionale (De Gaetano, Guccione, Ciconte).
Sul piano organizzativo la vicenda non produce nessuna disfunzione, ne’ limitazione dei poteri di nomina, se Mario Oliverio momentaneamente è inibito del potere di nomina, tali nomine possono essere effettuate dal vice Presidente, Antonio Viscomi. La Regione nei prossimi giorni presenterà ricorso al TAR. I presupposti del ricorso ci sono tutti. D’altronde, lo stesso Raffaele Cantone, che tra l’altro ha incontrato il presidente Oliverio,  ha rilevato nella stessa delibera sanzionatoria, che la normativa del testo è ambigua e pone non pochi dubbi interpretativi, tant’è che, la stessa autorità anticorruzione, ha chiesto al governo numerose rettifiche al testo legislativo. La matassa è tutta giurisprudenziale. La nomina di Gioffrè rientra nelle incompatibilità di coloro che si sono candidati alle elezioni comunali, provinciali e regionali nel territorio di competenza (Gioffrè si era candidato alle elezioni amministrative del 2013 a Sindaco di Seminara)?  Secondo la Giunta Regionale no, in quanto nella interpretazione della Giunta il ruolo di commissario straordinario non rientrerebbe nelle condizioni di incompatibilità previste dal decreto 39 del 2013, secondo l’autorità si e, seppur prendendo atto che la norma sulla fattispecie presenta “imprecisioni e ambiguità”, nel motivare la sanzione afferma anche che la stessa norma mira al “buon andamento e all’imparzialità della pubblica amministrazione e alla valutazione concreta se le funzioni svolte possano rientrare in una di quelle tipologie indicate dal legislatore”. Insomma interpretazioni giuridiche che camminano sul filo del rasoio e che, bisogna darne atto, lo stesso Cantone ha rilevato formalmente. Tra l’altro il caso della incompatibilità sollevato dalla deputata 5 stelle, Danila Nesci, era stato e vagliato dallo stesso Governo. Infatti il Ministro per la semplificazione amministrativa Madia, in sostanza, aveva condiviso l’interpretazione della stessa Giunta sulla legittimità della nomina di Gioffrè, avvallando la tesi che la di Direttore Generale e quella di Commissario non sono paragonabili. Un interpretazione quella del Ministro che, l’autorità Anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone, non ha preso in considerazione perché,  ad avviso dell’Autorità, la circolare con la quale il Ministro aveva espresso il parere “non può essere considerato un atto normativo e, come tale, non si può riconoscere una portata generale”. In conclusione se c’è stato un corto circuito si è verificato nella stessa amministrazione dello Stato.