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Francesco Gurzì, 75 anni, ferroviere in pensione. Nel 2015, dopo un intervento chirurgico per l’asportazione di un tumore al pancreas, un bypass allo stomaco e complicanze dovute al diabete di tipo 2, gli viene riconosciuta l’ invalidità al 100%. Ma per l’Inps non ha diritto all’indennità di accompagnamento. E così a dicembre dello stesso anno l’uomo presenta ricorso. Il giudice gli dà pienamente ragione condannando l’Istituto nazionale di previdenza sociale al pagamento delle spese. Nonostante la sentenza, l’Inps disattende la disposizione del magistrato.
«Sono stato accompagnato da un familiare all’Inps di Vibo Valentia per l’ennesima visita di controllo, come se le mie condizioni di salute potessero migliorare. Dopo una lunga attesa, ho consegnato la carta con la sentenza – racconta l’uomo – certo che avrebbero ammesso l’errore. E invece niente». Francesco non riesce a trovare alcuna spiegazione al diniego dell’Ente di previdenza che nonostante la sentenza emessa dal giudice, non intende assicurargli l’indennità. Succede anche questo: nel Paese dei falsi invalidi, i diritti di chi ha diritto vengono negati.
Francesco Gurzì e la moglie Margherita ci accolgono nella loro casa di Nicotera, paese costiero del vibonese. Ci mostrano le medicine e tutti i certificati che documentano la malattia. Si alza la maglia del pigiama per farci vedere la profonda ferita. «Non è giusto – ripete la moglie – mio marito ha diritto ad un accompagnatore. Le sue accertate, quanto precarie condizioni di salute richiedono costanti cure che io, da sola, non riesco a garantire». La battaglia della famiglia Gurzì andrà avanti: «Non ci arrenderemo – chiosa la signora Margherita - andremo avanti fino a quando non ci sarà riconosciuto da parte dell’Inps, un nostro diritto».