Nonostante i grandi progressi, da un punto di vista burocratico, in Calabria la Medicina della riproduzione ancora non spicca il volo. Serve un’inversione di rotta, al livello di organizzazione, e serve anche un cambio di mentalità perché troppo spesso, anche ora, questa problematica è vissuta come un tabù. Il tema è stato al centro del terzo congresso regionale della Siru – Società italiana di riproduzione umana - affidato al coordinamento scientifico del professor Stefano Palomba dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro a cui ha partecipato da remoto anche l’assessore regionale Gianluca Gallo, costretto a casa a causa del Covid, che ha assicurato l’appoggio della Regione per venire incontro alle esigenze della causa.

Le differenze tra Nord e Sud

«Il 7% delle nascite in Lombardia è secondario alla procreazione medicalmente assistita, in Calabria ci attestiamo intorno all’1%. Le linee guida, che sono in corso di pubblicazione da parte dell’Iss, hanno come scopo ridurre queste differenze di gestione tra servizi regionali» così spiega ai nostri microfoni il professor Palomba, secondo il quale non è la mancanza di esperti a provocare questo gap. «Teoricamente noi vediamo una grossa differenza tra centri che non riescono a soddisfare richieste e altri che, invece, sono fermi. Dai dati analizzati e relativi al 2019 spiccano centri che hanno effettuato 1 o 2 cicli di procreazione medicalmente assistita di primo o secondo livello: un’organizzazione sanitaria efficiente dovrebbe portare a veicolare le liste d’attesa sui centri poco attivi o inattivi».

Un problema anche psicologico e di mentalità

Quando si parla di difficoltà nella procreazione si tocca anche la sfera psicologica dei pazienti. «Se in Italia viene considerata una malattia, in Calabria addirittura è qualcosa da nascondere - dice il docente -. Molte famiglie non espongono il problema al medico di famiglia, e questo ci fa capire che c’è una fascia grigia totalmente inascoltata e non valutabile».

Il professor Giovanni Battista La Sala, specialista e docente all’Università di Modena e Reggio Emilia, spiega come le questioni etiche legate alle pratiche di riproduzione siano da considerarsi ormai superate. «L’infertilità è un problema non solo delle coppie ma della società, basti pensare al periodo di grande calo della natalità che stiamo attraversando. Se una coppia ha problemi ad avere figli è doveroso da parte dello Stato prendersi il carico delle spese che queste persone devono sostenere per porre rimedio a una situazione che può avere dei risvolti seri anche al livello relazionale. La situazione ancora oggi, devo dire, è a macchia di leopardo. C’è ancora tanta strada da percorrere».

Antonino Guglielmino, presidente della Società Italiana della Riproduzione Umana (Siru) sorride quando gli chiediamo se sia ancora legittimo parlare di questione etica. «Credo che sia finito il tempo in cui questa pratica era considerata un tema sensibile. C’è un retaggio del passato che ha fatto i suoi danni. In questi giorni stiamo assistendo a un fenomeno epocale: abbiamo incontrato i rappresentanti i dirigenti del ministero della Salute e per la prima volta la riproduzione medicalmente assistita diventerà una pratica medica a tutti gli effetti. Non solo cesseranno i viaggi della speranza all’estero ma anche i viaggi della speranza in altre regioni».