È uno scontro alla lunga distanza quello ingaggiato dall'associazione Anestesisti e Rianimatori contro l'azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio di Catanzaro. Proprio ieri nella sede amministrativa di Madonna dei Cieli è stata infatti recapitata una missiva con cui si chiede la revoca della delibera adottata nei giorni scorsi dall'ospedale. Con quel provvedimento il management aziendale prendeva sostanzialmente posizione sull'erogazione degli emolumenti al personale in servizio all'elisoccorso. In tutto quattro dipendenti per i quali l'azienda aveva subordinato il pagamento dei compensi alla liquidazione da parte della Regione delle somme a ristoro del servizio.

Rischio interruzione del servizio

Ma nei fatti i vertici aziendali con quel provvedimento erano andati oltre aprendo la strada ad una interruzione del servizio di elisoccorso nella parte in cui faceva dipendere «la prosecuzione delle attività di elisoccorso del personale dipendente da questa azienda alle pregresse e dovute rimesse regionali». 

Dipendenti strumentalizzati

Il coordinatore regionale dell'associazione Anestesisti e Rianimatori, Domenico Minniti, risponde oggi a muso duro a quella che era sembrata una provocazione. Secondo il medico in servizio al Gom il personale dell'ospedale impiegato nel servizio di elisoccorso viene «utilizzato come strumento coercitivo per l'esigibilità del credito da parte delle aziende sanitarie e ospedaliere». Il riferimento è la subordinazione "del pagamento delle somme alla rimessa da parte della struttura commissariale e del dipartimento regionale Tutela della Salute". Nei fatti con questa previsione l'azienda ospedaliera si smarcava dall'obbligo di retribuire le spettanze impegnando la Regione a liquidare le somme. 

Responsabilità penali

Ma vi è di più. Il coordinatore regionale dell'Aaroi Emac, Domenico Minniti, non manca di sottolineare che vincolare «la prosecuzione del servizio alle pregresse rimesse regionali» può comportare una sola circostanza: la mancata copertura dei turni di elisoccorso già programmati configurando una interruzione di pubblico servizio che, secondo il sindacalista, sarebbe addebitabile al solo management aziendale. Per questa ragione si chiede la revoca in autotutela del provvedimento riservandosi la valutazione di eventuali profili di responsabilità penale, civile ed amministrativa «da riportare nelle competenti sedi giudiziarie».