Umiliato, lasciato solo, con una misera pensione di invalidità, senza assistenza e senza fondi pubblici da cui attingere, con una serie di problemi di salute, che vanno dal diabete all'insufficienza renale, passando per l'obesità e la neuropatia, ora aggravati da una rovinosa caduta che lo costringe a letto, immobile, da quasi tre mesi. È la drammatica storia di Luciano Parlato, cittadino di Santa Domenica Talao, 55 anni, che qualche giorno fa ha affidato ai social un lungo sfogo per far conoscere a tutti il suo personale calvario: «Fate girare questo post - ha scritto alla fine -, per favore aiutatemi».

La drammatica vicenda

Il calvario di quest'uomo comincia a inizio marzo, quando nell'intento di tornare a casa, cade rovinosamente sull'asfalto, procurandosi la frattura scomposta di perone e malleolo del piede sinistro. Com'è oramai prassi a queste latitudini, i soccorsi arrivano dopo un'ora, mentre il paziente attende inerme e dolorante a terra. Il mezzo del 118 lo trasporta all'ospedale di Paola, dove i medici lo visitano, gli fasciano la gamba ma, a detta loro, non possono fare nient'altro, nemmeno un'ingessatura. Come succede spesso, non c'è posto per un ricovero, quindi lo dimettono. Luciano deve arrangiarsi da solo. Quella sera torna a casa in auto, guidata dai famigliari, stordito dal dolore, ma una volta giunto nei pressi della sua abitazione, si rende conto di avere davanti a sé un altro ostacolo. La sua condizione fisica non gli consente di salire i gradini e raggiungere la porta di casa, e così, all'una di notte, devono intervenire due pattuglie di vigili del fuoco. Per accompagnarlo nel suo appartamento senza rischi, i caschi rossi sono costretti a caricarlo su un telo. Luciano è un po' scosso, ma dentro non c'è nessuno a consolarlo perché vive solo. Per di più, deve restare immobile nel letto e, di conseguenza, non può alzarsi a prendere nemmeno un bere un bicchiere d'acqua.

Il ricovero nella clinica privata

Il giorno successivo, il paziente contatta una clinica privata del posto, dove fortunatamente il posto non manca mai, e viene subito preso in carico dai sanitari, ma per raggiungere la struttura deve ingaggiare un'ambulanza privata. Costo del servizio: cento euro per circa trenta chilometri di viaggio. I medici lo visitano e decidono di operarlo. Fila tutto liscio, in sala operatoria la faccenda si risolve dopo quattro ore di intervento, quaranta punti di sutura e un tutore di circa trenta chili. Il paziente può tornare a casa e cercare di rimettersi in piedi il prima possibile, ma è necessaria la presenza di un fisioterapista. Luciano, invalido civile al 100% e con un reddito basso, può richiederlo gratuitamente, quindi si rivolge ai servizi sociale del suo paese. Qui sorge un altro intoppo. Gli uffici preposti fanno sapere che il piano per l'assistenza ai malati sotto i 65 anni d'età, scaduto a marzo, non è stato rinnovato. Niente fondi, niente aiuti.

Pazienti abbandonati

Già doveva fare i conti con i suoi problemi di salute, ora Luciano deve anche fronteggiare questioni che in un Paese civile non esisterebbero. Amareggiato e deluso, si mette in cerca di un'infermiera che possa sottoporlo alle terapie a domicilio dietro compenso. La trova, è una professionista in gamba, ma in poco più più di due mesi il costo delle cure ammonta a circa 700 euro. Luciano paga senza esitare, vuole alzarsi da quel letto e tornare alla sua vita il prima possibile, anche perché la sua condizione clinica richiede attività fisica e lunghe passeggiate all'aperto. Nel frattempo, prova a sopravvivere grazie all'aiuto di una persona a lui vicina, che lo raggiunge appena può, e alle poche centinaia di euro che rimangono della pensione. Tra l'indifferenza generale, in una terra affranta e scippata dei diritti, in cui le pagine di malasanità, a forza di scriverne, hanno smesso pure di fare notizia.