«La questione di fine vita che oggi poniamo ha radici antiche. Il deputato socialista Loris Fortuna nel 1984 fu il primo a presentare un progetto di legge. Sono trascorsi 40 anni e ancora l’Italia indugia. Questa campagna referendaria sollecita una nuova riflessione, che sta raggiungendo soprattutto i giovani, affinché ci si attivi per promuovere una legge di libertà che sancisca il diritto di scegliere come morire». Su impulso dell’articolazione reggina dell’associazione Luca Coscioni, rappresentata da Carmelo Giuseppe Nucera, ha avuto luogo ad Ecolandia ad Arghillà, zona nord di Reggio Calabria, una tappa della campagna referendaria per proporre l’abrogazione parziale dell’articolo 579 del codice penale che disciplina l’omicidio del consenziente, nella parte in cui punisce chi cagioni la morte, nonostante la manifestazione di volontà espressa. La nuova norma che sarebbe introdotta se il referendum avesse luogo, fosse valido e formalizzasse la vittoria del sì, introdurrebbe nel nostro Paese il diritto all’aiuto medico alla morte volontaria, dunque legalizzerebbe l’eutanasia, lasciando intatte le tutele per le persone vulnerabili, i minori di 18 anni, le persone che non siano in grado di intendere e volere, quelle il cui consenso sia stato estorto.

Nel rispetto dei valori di ciascuno

«È una questione di libertà e autonomia che riguarda tutti, anche chi fosse contrario all’eutanasia. Se si nega la libertà di alzarsi in piedi nello stesso tempo si costringe anche a stare seduti. Pertanto noi sollecitiamo tutti i cittadini a firmare e ad andare a votare anche se il voto dovesse essere negativo. Non si può chiedere ad alcuno di ispirare la propria vita a valori che altri decidono e giudicano migliori. Solo quando le libertà individuali entrano in conflitto, sono necessari dei limiti. Ma in questo caso è giusto che ognuno concluda la propria esistenza in base ai valori con cui ha scelto di viverla», ha spiegato Demetrio Neri, già docente di Bioetica all’Università di Messina e componente della consulta di Bioetica di Torino.

«Siamo in piazza anche per chi vorrebbe ma non può»

Grazie alla disobbedienza civile di Marco Cappato e Mina Welby, che avrebbe dovuto essere presente e ma che poi si è affidata ad un messaggio, nel 2017 l’Italia si è dotata della legge sul Testamento sul Biologico. Adesso è il momento per un’altra sfida di civiltà e libertà, dicono i sostenitori del Sì. Una sfida che soprattutto i giovani stanno abbracciando.


«Siamo in piazza a raccogliere firme anche e soprattutto per coloro che costretti a letto, che non possono esserci e non possono esprimersi. Lo facciamo anche in nome loro. Siamo molto impegnati sul territorio con tavoli di raccolta firme a Siderno, Palmi e Bagnara. A Reggio ogni domenica siamo a piazza Camagna dalle 17 alle 24 e finora abbiamo raccolto già 650 firme», ha spiegato Francesco Benedetto, coordinatore provinciale reggino per la Campagna referendaria sull’Eutanasia Legale e anche coordinatore reggino di Volt, partito paneuropeo ispirato all’attivismo come chiave di lettura della politica nazionale ed internazionale.

Autenticatori cercasi

La campagna prosegue in tutta la regione dove si registra, però, la carenza di autenticatori. «Abbiamo finora raccolto circa tremila firme in Calabria e siamo impegnati per proseguire le raccolte oltre che nei capoluoghi di provincia e anche nel territorio più interni. Stiamo avviando le raccolte anche a Tropea e Soverato. Vorrei lanciare un appello poiché abbiamo bisogno di autenticatori, ruolo che può essere rivestito da consiglieri e assessori comunali, notai, avvocati, giudici, canellieri, presidenti di Provincie e Sindaci. A loro spetta il delicato compito di presenziare all'apposizione della firma, per attestare la corrispondenza con il sottoscrittore e rendere le firme idonee ad essere conteggiate nelle cinquecentomila previste per richiedere il referendum», ha sottolineato Giuseppe Di Bella coordinatore regionale per la Campagna referendaria sull’Eutanasia Legale.