Sarebbe dovuto diventare, possibilmente in tempi stretti, il centro Covid-19 di riferimento nella provincia di Cosenza grazie a un provvedimento dello scorso 12 marzo, ma attualmente l'ospedale spoke di Castrovillari non è pronto a fronteggiare l'emergenza sanitaria che sta letteralmente travolgendo la Calabria a causa del diffondersi della pandemia da Coronavirus.

È bastato sostare per qualche ora nel piazzale del presidio per capire che c'è ancora molta disorganizzazione all'interno dello stabile e che questa situazione sta generando malumori anche tra gli operatori sanitari, per primi esposti al rischio del contagio.

Una mascherina a settimana

«Abbiamo una mascherina ciascuno, la mettiamo una volta e la teniamo per una settimana. Questa è l’unica mascherina che tutti gli operatori hanno, quindi noi per sette giorni abbiamo questa mascherina». A rivelarlo è un operatore sanitario che lavora all'interno dell'ospedale di Castrovillari.

Nessuna tutela quindi, per chi tutti i giorni rimane nel nosocomio a combattere un mostro invisibile di cui ancora non si conosce cura. Inoltre, fanno sapere fonti interne al presidio, che al momento nella struttura non ci sarebbe alcuna figura specializzata nelle cure del Coronavirus.

La "carenza" di personale medico

La carenza di mascherine non è l'unico problema a cui devono far fronte medici e infermieri dell'ospedale civile "Pasquale Ferrari". A fronte di un incremento esponenziale della mole di lavoro, i camici bianchi si trovano infatti a fare i conti anche con la grave carenza di personale.

Ma mentre negli uffici istituzionali si indicono bandi e appelli alla disperata ricerca di personale da assoldare, dal nosocomio fanno notare che «basterebbe utilizzare il personale impiegato nelle attività ambulatoriali, momentaneamente sospese, e affiancarla al personale in servizio per la rete di emergenza e urgenza».

Il reparto di Pneumologia

Circa due settimane fa, la Pneumologia dell'ospedale di Castrovillari, considerato una vera e propria eccellenza della sanità calabrese, ha rischiato seriamente la chiusura, perché dopo varie vicissitudini, il dottore Schifino si era ritrovato in perfetta solitudine a mandare avanti il reparto.

Per fortuna così non è stato, grazie anche al rientro in servizio di un medico, ma sul documento del 12 marzo scorso, che ha disposto l'immediata riapertura dei ricoveri, si legge che ad andare in aiuto dei medici già in sevizio, cioè di sole due unità, saranno i colleghi di Anestesia e Rianimazione, i quali dovranno quindi sottoporsi a doppi turni di lavoro in condizioni lavorative da considerarsi già critiche. 

Il monito delle associazioni

Alcune associazioni (Afd, Amci, Avis, Avo, Associazione Amici del Cuore e Associazione Solidarietà e Partecipazione) operanti da molti anni nella comunità e nell'ospedale di Castrovillari, hanno espresso in unalettera indirizzata al sindaco Domenico Lo Polito, tutte le preoccupazioni «per le decisioni – e le conseguenti iniziative – che hanno riguardato il presidio ospedaliero negli ultimi giorni».

Le associazioni, nella nota congiunta, scrivono: «Verrebbe da dire che l’individuazione dell’ospedale di Castrovillari quale Centro Covid 19 per l’Asp di Cosenza sia stata quanto meno prematura, in quanto appare del tutto evidente che l’accoglienza di una tipologia di pazienti così grave e complessa richiedesse una preventiva organizzazione».

Le disposizioni

Il documento prevedeva un incremento di 38 posti letto, così ripartiti: 10 di Terapia Intensiva Generale e Anestesia; 14 Posti di Terapia Intensiva e sub-intensiva Respiratoria; 14 di Pneumologia.
Ma, come fanno notare le associazioni, «nulla si diceva riguardo la gestione dei 14 Posti Letto di Terapia Intensiva e sub-intensiva, né sulla fornitura delle necessarie dotazioni di Dpi (Dispositivi di Protezione Individuali), di strumenti elettromedicali indispensabili per il supporto respiratorio di vario grado, nulla si diceva e si disponeva per integrare il Personale Sanitario, con i necessari ulteriori Operatori forniti di competenze specifiche, necessarie a garantire tutte le importanti e delicatissime funzioni legate all’assistenza di pazienti affetti (o sospetti tali) da Covid 19».

Il rischio di positivi non individuati

In tutto questo marasma, ci sarebbe anche un'ulteriore preoccupante notizia: i pazienti positivi al Coronavirus potrebbero essere molti di più di quelli dichiarati. Il motivo è presto detto. Alcuni pazienti risultati negativi al test del tampone, dovrebbero essere sottoposti a un esame della tac, strumento ancora più preciso al fine del rilevamento dell'infezione.

Ma secondo quanto riferiscono le associazioni, questo non accadrebbe perché «i percorsi di accesso in Ospedale e di movimento all’interno dello stesso, così come le aree di esecuzioni di esami necessari dei pazienti ricoverati a rischio, pare non siano stati rigorosamente garantiti per evitare “incroci” con quelli degli altri pazienti».

Ci sarebbe quindi la possibilità che ad alcuni pazienti, seppur in numero esiguo, non venga riconosciuta l'infezione del Covid-19, aumentando così il rischio di contagio.

«La tenda triage non è operativa»

«Sembra non siano state predisposte zone-filtro, a protezione dell’accesso all’area dei pazienti ricoverati – si legge in ultimo nella nota congiunta –. E a tal proposito, abbiamo avuto notizia che la tenda già da diversi giorni montata dalla Protezione Civile, onde evitare commistioni con i pazienti che giungono in ospedale per altre patologie, sembrerebbe non sia ancora operativa, per mancanza di dotazioni strutturali e personale dedicato». Così dicono i firmatari della lettera.

Da quel che sappiamo, l'organizzazione per la gestione delle tende del pre-triage varia da zona a zona, ma la tenda della Protezione Civile montata nel piazzale dell'ospedale di Castrovillari, fino a ieri pomeriggio risultava chiusa e senza alcuna indicazione per i potenziali pazienti.