«Bisogna darsi una mossa e cambiare la nostra cultura: dobbiamo donare gli organi perché tutti un giorno potremmo averne bisogno. La donazione degli organi è vita».

La donazione è vita. Lo sa bene Giovanni Cicino, 66 anni di Guardavalle, nel catanzarese, trapiantato di rene nel 1993 dopo anni di dialisi e sacrifici.  Aveva 37 anni e lavorava nel settore dei trasporti  quando un forte mal di testa e la pressione arteriosa molto alta lo misero di fronte ai primi problemi di salute e a quella diagnosi che cambierà per sempre la sua vita: insufficienza renale cronica. «Mi è caduto il mondo addosso – racconta Giovanni –, non potevo più lavorare e ho dovuto cambiare alimentazione e stile di vita. La mia esistenza è stata stravolta anche perché avevo due figlie piccole, una di due anni e l’altra di quattro, e nel 1989 è nata la terza. Ma nonostante tutto abbiamo portato avanti il nostro progetto di vita avviando una attività a gestione familiare e ponendoci due obiettivi: il primo era far crescere i figli, il secondo farli studiare. Ci sono riuscito, per fortuna sono ancora qui e sono contento di questo».

Il trapianto di rene

Il trapianto di rene è stato sicuramente un punto di ripartenza per Giovanni, che nel corso degli anni ha anche avuto la gioia di conoscere la famiglia del suo donatore, originario di Melito Porto Salvo. «Ricordo l’incontro con grande emozione, li ho ringraziati per il nobile gesto di amore e generosità. Ci siamo conosciuti grazie ad un articolo di giornale dell’epoca e ad un amico comune che ci ha messo in contatto». 

 

Ma a distanza di 18 anni dal trapianto a Perugia, la vita lo ha messo nuovamente alla prova: nel 2011, oltre a dover affrontare altri problemi di salute, è stato costretto a ricominciare la dialisi e ora, per tre volte a settimana, è in cura nel reparto di nefrologia dell’ospedale di Soverato, un percorso che affronta con serenità, circondato dall’affetto della sua famiglia e dei suoi 4 splendidi nipoti. «Io sono una persona positiva, la malattia va affrontata e non bisogna demoralizzarsi. Quando posso cerco di dare un sostegno morale anche agli altri pazienti che incontro al centro dialisi di Soverato. Con loro parliamo, ci confrontiamo, gli racconto la mia storia e loro mi rivolgono delle domande. Ovviamente è importante affidarsi al medico ma una parola di conforto da chi vive il tuo stesso problema è molto importante».

L'impegno in Aned

Giovani mette quotidianamente la sua esperienza  a disposizione del comitato regionale dell’Aned, associazione nazionale emodializzati e trapianti, una realtà che si batte per promuovere la cultura della prevenzione, della donazione degli organi e per i diritti dei dializzati  che in Calabria, denuncia Giovanni, sono fortemente penalizzati. «La dialisi per noi è un salvavita ma alla politica non interessa. Noi abbiamo 285 euro al mese di pensione di invalidità civile e questo è vergognoso per una persona invalida al 100% , la cui vita dipende da una macchina. Questo è un fatto molto grave che noi abbiamo denunciato tante volte ma purtroppo nessuno ci ascolta - sottolinea Giovanni -. In più abbiamo un ottavo di rimborso di spese viaggio mentre in tutta Italia è un quinto e questo comporta grosse difficoltà perché chi non riesce a venire in ospedale con la sua macchina per ovvi motivi di salute, e sono in tanti, deve farsi accompagnare da un'auto di servizio e il servizio deve essere pagato. E un paziente che prende 285 euro al mese, se paga la macchina non può comprare le medicine.  In altre regioni italiane, inoltre, sono previsti dei rimborsi spese sanitarie per i trapiantati e le loro famiglie, in Calabria questo non esiste. Proprio in questi giorni sono state rinnovate le cariche regionali dell’Aned e presto ci saranno nuovi incontri per fissare gli obiettivi da raggiungere e combatteremo anche per questo».