Sandra è giovanissima, 35 anni ma un talento enorme che l’ha portata ad ottenere risultati eccezionali. Giovani ricercatori tra Torino e New York si sono resi protagonisti di una scoperta molto importante per la cura del cancro. E tra di essi c’è la palmese Sandra Misale, dottorata dell’Università di Torino, e attualmente ricercatrice a New York. Ma nonostante i successi raggiunti, mantiene un legame profondo con la sua terra.

Il legame con la Calabria

«Cerco di tornare a casa il più spesso possibile. Quest’anno è stato complicato per via del Covid. Ho un bellissimo rapporto con la mia terra. La mia famiglia è a Palmi e quando posso torno sempre con piacere perché mi manca molto casa». Sandra da quando aveva 18 anni studia fuori, prima Torino poi l’America ma è quando racconta dei suoi anni del Liceo che le brillano gli occhi.

«Ho un ricordo della scuola molto bello. Ho frequentato il liceo linguistico di Palmi che è sperimentale quindi, oltre le lingue, abbiamo lavorato molto in ambito matematico e scientifico. Quel tipo di studio è stata la chiave per le mie scelte successive. Ancora oggi, nonostante la distanza, sento quasi giornalmente le mie compagne del liceo e questo rapporto è molto bello soprattutto per chi come me vive lontano da casa. Sembrano sciocchezze ma avere la foto del panorama o del nostro cibo mi consente di sentirmi più vicina. Il calore umano calabrese è quello che mi manca davvero qui a New York».

La ricerca per curare il cancro

Al lavoro dei tre scienziati si deve la scoperta di un inibitore del Kras, uno dei geni mutati più comuni nei tumori umani, come il cancro ai polmoni, al colon-retto e al pancreas. Un gene considerato incurabile per decenni, fino al recente sviluppo di una nuova classe di inibitori covalenti.

 

«Abbiamo questo nuovo farmaco che è davvero molto promettente. Ho monitorato cosa succedeva ai pazienti quando veniva dato questo farmaco. I pazienti in generale possono avere diversi tipi di cancro ma tutti hanno la stessa mutazione, la stessa forma genetica. Però abbiamo notato che c’erano differenze tra i pazienti. Quello che abbiamo provato a fare noi è trovare una via di uscita in modo che quel farmaco che non funziona in quel contesto possa tornare a funzionare.

Quello che accadrà nei prossimi mesi è che questo tipo di sperimentazione aggiustata secondo i nostri dati parta e che, quindi, i pazienti con i quali lavoriamo giornalmente qui al Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, possano avere questa combinazione di farmaci. Ovviamente questo studio, come tanti altri, avrà una diffusione mondiale. I risultati che abbiamo avuto sono molto incoraggianti, quindi, non ci resta che sperare in risposte durature».