Lo studio dell’Università statale di Milano: «I contagi rallentano in climi molto caldi e umidi, tipici di alcune zone tropicali»
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L'epidemia di Covid-19 corre più rapidamente con il freddo secco, mentre rallenta nei climi molto caldi e umidi: per questo nei prossimi mesi il rischio potrebbe aumentare in vaste regioni dell'emisfero sud del mondo. Lo indica uno studio dell'Università Statale di Milano, che ha analizzato su scala globale le relazioni tra casi di Covid-19 e condizioni climatiche.
I risultati sono consultabili su medRxiv, il sito che permette di condividere articoli scientifici che devono ancora essere sottoposti a revisione prima della pubblicazione su una rivista ufficiale. Partendo dal database della Johns Hopkins University che monitora i casi giornalieri di Covid-19 nel mondo, i ricercatori della Statale hanno calcolato il tasso di crescita dei casi in oltre 100 tra nazioni e macroregioni.
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In particolare, hanno valutato il tasso di crescita dei casi nei primi giorni dell'epidemia, un dato che rivela la reale velocità di diffusione del virus prima dell'entrata in vigore delle misure di contenimento. Questo tasso di crescita è stato quindi messo in relazione con la temperatura e l'umidità medie dei mesi dell'epidemia. I risultati dimostrano che l'epidemia cresce più rapidamente a temperature medie di circa 5°C e umidità medio-bassa. Viceversa, in climi molto caldi e umidi caratteristici di alcune zone tropicali, l'epidemia sembra diffondersi molto più lentamente, anche se nessuna area popolata del mondo sembra essere completamente inidonea alla diffusione.