Sono migliaia e il loro numero, sebbene imprecisato, è destinato a crescere mano a mano che si consolida senza soluzione l’emergenza coronavirus. Sono i calabresi che in queste ore lasciano il Nord e tornano in Calabria.

A Cetraro ce ne sono due, una coppia di anziani, del tutto particolari perché sabato pomeriggio sono partiti dal cuore della “zona rossa” – da Casalpusterlengo e dopo un accesso in ospedale -  e domenica sono arrivati nel centro del tirreno cosentino.

Al telefono la signora ci dice che stanno bene, che non ricevono visite in casa, scegliendo una sorta di autoquantena volontaria e un po’ costretta: «Viviamo in campagna, non ci viene a trovare nessuno», confessa la donna.

Solo che il marito di lei ha un problema, che non fa dormire sonni tranquilli al personale dell’ospedale di Cetraro, tanto è vero che in una riunione in prefettura il direttore sanitario Vincenzo Cesareo ha chiesto aiuto. «Lui deve fare urgentemente una dialisi – spiega il dirigente medico – solo che nessuno gli ha fatto un tampone per capire se è infettato oppure no».

Ma non è solo questo il problema e Cesareo spiega che «c’è stato un difetto di comunicazione perché i colleghi di Casalpusterlengo non dovevano limitarsi a consigliare di non partire, dovevano avvisare le nostre autorità sanitarie della delicatezza del caso».

Così la coppia si trova a casa, ma solo oggi – con l’arrivo dall’ospedale di Cosenza dei kit per il tampone – lui ha potuto sottoporsi al controllo e contemporaneamente alla dialisi.

«Abbiamo previsto un ingresso in sicurezza – conclude il direttore – e destinato una stanza limitando al massimo gli accessi per limitare quanto più possibile l’eventuale rischio. Ma questo non è modo, siamo lasciati soli e non servono le ordinanze e i decreti se non ci danno protocolli precisi e strumenti tempestivi».