La quindicenne è affetta da una grave patologia metabolica e può cibarsi solo di alimenti che somministra l'Asp dietro prescrizione medica ma gli ordini non vengano evasi con regolarità. E quando il latte artificiale non è disponibile, la ragazza rischia di rimanere a digiuno
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Il calvario per Graziella Benincasa inizia circa undici anni fa, quando alla figlia quindicenne, Chiarapia, viene diagnosticata una rara malattia metabolica. I continui controlli all'azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio di Catanzaro prima e la conferma poi all'ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma segnano l'inizio di una battaglia quotidiana per poter assicurare alla bambina farmaci e alimenti in una regione, la Calabria, in cui la bassa casistica d'incidenza della malattia viene usata come alibi da una burocrazia sorda e cieca dinnanzi a qualsiasi necessità di cura.
Chiarapia subisce progressivamente un'involuzione: non riesce ad esprimersi, perde la piena funzionalità delle mani e con essa ogni attività correlata all'alimentazione. Si nutre solo di latte artificiale, di difficile reperimento nelle farmacie ma fornite dall'azienda sanitaria provinciale dietro prescrizione medica. È qui che quotidianamente Graziella Benincasa si reca per approvvigionarsi degli alimenti per la figlia ma gli ordini nell'ufficio Provveditorato dell'Asp non vengono evasi con regolarità costringendo la donna a lunghe attese o a viaggi della fortuna in altre province per acquistare il latte artificiale, unico cibo che la quindicenne è in grado di metabolizzare.
«Quando non trovo il latte - racconta Graziella Benincasa - mia figlia non può alimentarsi e non ci sono cibi sostitutivi poichè le provocano infezioni e rigetti. Bisogna viverle queste situazioni per capire cosa si prova. Mi trovo spesso in difficoltà e non so come risolvere il problema. Vado ovunque e trovo muri».
Luana Costa