VIDEO | Richiesta d'aiuto degli ex lavoratori della clinica privata Tirrenia Hospital che da maggio scorso non percepiscono il salario
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«Temo che dieci famiglie quest'anno non potranno festeggiare il Natale, perché non potranno comprare i regali ai propri figli né mettere il pane in tavola». Comincia così il lungo messaggio di denuncia dell'ennesima controversia della sanità calabrese.
A scriverlo è una persona che si definisce «onesta e perbene» e proprio per questo non potrebbe tacere innanzi a quella che chiama «un'ingiustizia sociale». Dieci dipendenti non percepiscono stipendio e cassa integrazione da mesi e tutto lascia pensare che la situazione resterà invariata ancora per molto tempo.
Teatro del dramma è la clinica privata Tirrenia Hospital, nota ai più col vecchio nome di "clinica Tricarico", la struttura sanitaria di Belvedere Marittimo che sotto la gestione dei precedenti proprietari ha guadagnato le pagine di cronaca per un'intricata vicenda giudiziaria, sfociata, nel giugno scorso, nell'arresto di tre amministratori e nelle accuse di bancarotta fraudolenta. Dallo scorso gennaio, la struttura ha cambiato denominazione e gestore, oggi è amministrata dall'imprenditore Giorgio Crispino, a capo del Gruppo Crispino, ma per dieci dipendenti i problemi non sono finiti.
Dieci famiglie sul lastrico
Dieci persone, madri e padri di famaglia, non sanno più come far fronte alle spese quotidiane, non sanno più dove attingere per andare avanti. Per capire come si è arrivati a questa situazione, è necessario partire dal principio. A inizio pandemia la società del Gruppo Crispino manda tutti in cassa integrazione. Gli oltre 200 dipendenti effettuano dei turni, si alternano nei reparti, pur di continuare a garantire il servizio. A giugno l'Italia tenta il lento ritorno alla normalità e anche la clinica si adegua.
Ma gli uffici, di concerto con i vertici, avanzano la proposta di un piano di rientro per limitare le spese, che prevede un esubero del personale di 27 unità e una riduzione degli orari di lavoro. Dopo numerosi incontri, il piano salta perché i sindacati dei lavoratori ricordano a Crispino di aver sottoscritto un contratto di fitto triennale in cui sono stilate una serie di clausole di rispettare. Crispino si è aggiudicato la gestione triennale della clinica dopo aver partecipato all'asta indetta del tribunale di Paola, che un anno prima aveva decretato il fallimento delle vecchie società di gestione.
Nel documento si legge testualmente: «Il complesso aziendale viene alienato con i dipendenti e l'aggiudicatario è obbligato a mantenere le stesse condizioni economiche allo stato pattuite dalla Curatela». Le condizioni dei lavoratori, è scritto a chiare lettere, devono rimanere immutate.
Cassa integrazione per dieci famiglie
Scongiurati licenziamenti, a luglio i lavoratori della clinica tornano a lavorare a pieno regime. Tutti, tranne dieci, che vengono lasciati ancora in cassa integrazione, con il sostegno del Fondo di Integrazione Salariale. Passano ancora 30 giorni, è fine luglio, e l'Inps eroga le spettanze del mese di maggio. È l'ultimo bonifico che ricevono i dieci dipendenti. A ottobre l'Inps invia un'ispezione nella struttura e apre una indagine interna per capire se sia tutto in regola, per capire se il ricorso alla cassa integrazione sia stato un atto necessario. Ma finché non sarà tutto chiaro, i dipendenti coinvolti non potranno ricevere alcun sostegno economico, né dall'azienda per cui lavorano né dall'Inps.
L'azienda: «Le banche non ci aiutano»
In un primo momento dipendenti coinvolti nella vicenda hanno provato a chiedere spiegazioni ai vertici aziendali, i quali avrebbero fatto presente che la decisione è da imputare all'imprenditore Crispino, già amministratore di altre strutture sanitarie, e che comunque i tempi non aiutano, così come le banche dalle quali, a loro volta, non riceverebbero alcun sostegno. Insomma, la clinica sarebbe in crisi. Una versione che lascia tanti interrogativi.