«Con una malattia degenerativa la qualità di vita cambia. Cambiano i rapporti sociali, cambia la quotidianità. Ed è un po’ quello che è successo a tutti in questi mesi e che mi ha portato a pensare che non esiste la distinzione tra sano e malato ma tra vivi o non vivi». Il cambiamento forzato delle abitudini, la paura del contagio, la difficoltà di programmare visite e controlli. Per i malati autoimmuni il Covid-19 non ha fatto altro che accentuare problemi già esistenti. Lo conferma Luana Maurotti, presidente dell’associazione Calma, Calabria malati autoimmuni, affetta da lupus eritematoso sistemico, intervenendo nel corso della puntata di LaC Salute dedicata agli “effetti del lockdown”: «Il lupus è una malattia detta “dai mille volti”, è molto al femminile, su 10 casi 9 sono donne. Colpisce gli organi più importanti senza preavviso. Ad oggi non c’è una cura ma ci sono le cure che aiutano a rallentare l’andamento della malattia stessa che è degenerativa. Un malato cronico lo sa di non poter guarire e quello a cui mira è proprio una qualità di vita migliore o perlomeno “normale”, che in questa quarantena è venuta a mancare».

Abbattere le liste d'attesa

Ora, in questa nuova fase ciò che chiedono i malati autoimmuni è un diritto alla salute che tenga conto dei loro bisogni. L’incubo resta quello delle liste d’attesa: «Già erano lunghe prima – asserisce Maurotti -. Ora bisogna riprenotarsi ma anche recuperare le visite di prima. E chi chiama adesso, avrà una visita quando? Tra un anno? Un malato autoimmune non può aspettare perché ogni tre mesi vanno fatti i controlli per vedere qual è l’andamento della malattia. Non si muore solo di covid purtroppo, si muore anche di altro ma soprattutto anche di non ascolto. Queste battaglie sono deleterie perché come malati siamo invisibili ma non immaginari». Da qui dunque l’appello alle autorità preposte: «Adesso cerchiamo di riorganizzare il sistema sanitario – conclude Maurotti - non solo la nostra vita, perché la nostra vita dipende anche dalla riorganizzazione del sistema sanitario».

Gli effetti psicologici del lockdown

Nel corso della puntata poi l'analisi della psicoterapeuta Miriam Frosina che si è soffermata sull’impatto del post lockdown sulle persone, con riferimento alle dimensioni affettive, all’atteggiamento nei confronti dell’esperienza vissuta e alla visione del prossimo futuro. «L'invito che rivolgo a tutti - ha affermato la professionista - è di affrontare tutte le problematiche che la vita ci presenta. Alcune volte siamo in grado di farlo da soli ma quando ci rendiamo conto che non siamo in grado di elaborarle da soli dobbiamo chiedere aiuto alle figure preposte senza avere timore o vergonga. Se non lo facciamo rischiamo di accantonare il “rimosso” dentro di noi e nel momento in cui si presenta una condizione di stress queste paure emergono senza cautela e in vari modi. Il nostro compito è fornire un aiuto all'altro e quindi aiutare a elaborare i vissuti per dare la possibilità di ripartire».

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