Sono in auto per tornare a casa dopo due giorni trascorsi in giro per degli eventi culturali. Il sole batte forte sui vetri nonostante sia inverno e il cielo azzurro regala una giornata che la Calabria generosa dona a chi la vive. Strada statale 106 che collega Taranto a Reggio Calabria, nella Calabria Ionica, in provincia di Cosenza, nell’alto Ionio Cosentino. Sono a metà del viaggio di ritorno e le palpebre si chiudono all’improvviso. Mi fermo e scendo per svegliare il sonno improvviso. Innanzi a me una meraviglia della nostra terra, tempio dell’Ordine Templare: il castello federiciano di Roseto Capo Spulico, un maniero di epoca normanna a strapiombo sul mare. In una sorta di dormiveglia mi avvicino per visitarlo: supero il cancello ed entro nel cortile.

Uno strano silenzio mi accompagna mentre salgo le scale in pietra. Pochi gradoni mi dividono dal portale in legno, lo raggiungo e busso. In quell’istante una voce si insinua nelle mie orecchie e noto il portone aprirsi lentamente. Non vedo nessuno ma decido ugualmente di entrare. La curiosità mi guida in questo angolo di Calabria, da sempre in contatto con le onde del mare. Pietre che parlano, ma ciò che attrae è il mistero dei Templari: evidenti i simboli alchemici come la rosa e i gigli incisi nelle sue mura. Un avamposto di difesa con pianta trapezoidale, una forma simile a quella del Tempio di Gerusalemme: intreccio mistico, che sveglia prepotentemente la mia vista. La voce e il vento mi indicano il passo da seguire all’interno del bellissimo Castrum Petrae Roseti.

Il castello sorse sulle ceneri di un antico luogo di culto pagano del X secolo e venne edificato per volere del principe Roberto il Guiscardo tra il 1058 e il 1085. Fece innamorare Federico II di Svevia, tanto da diventare un luogo sacro per l’imperatore e re di Sicilia, che vi lasciò segni importanti del suo sapere alchemico, strettamente connesso con l’Ordine dei Templari. Ciò che affascina di questa antica struttura caratterizzata da tre torri, oltre alla posizione sul mare, sono la pianta architettonica e le numerose allegorie incise sulle pietre. Si dice che i punti cardinali attorno al maniero siano chiari riferimenti alla Città Santa. All’interno delle sue mura vennero ritrovati un Onfale con incisi i segni della passione di Cristo e il sigillo di Salomone. 

 

Si narra inoltre che durante il regno di Federico II, tra il 1204 e il 1253, il castello custodì la sacra Sindone. Sono solo ma ho l’impressione che qualcuno sia al mio fianco. Salgo le scale strette del maniero illuminate da una luce color ambra e ripenso al sangue di Cristo, non comprendendo appieno il senso del pensiero. Fuori è tutto calmo. Improvvisi spifferi di vento mi indicano il punto dei punti, dove tutto si incontra e le storie si intrecciano. Le palpebre sono immobili per non perdere neanche un attimo delle visioni. Vorrei chiudere gli occhi ma non ci riesco. Non è una sensazione di paura ma è lo stupore che il luogo emana. Raggiungo il punto più alto del castello, mi sembra di essere sospeso tra cielo, terra e mare.

Quasi inconsapevolmente varco una porta ed entro nella stanza del Sole, un luogo prezioso e sacro che volge sempre lo sguardo ad est in direzione di Gerusalemme: la città Santa. È la stanza che racchiude la filosofia esoterica del castello. In questo luogo Federico II di Svevia, di ritorno dalla sesta crociata nel 1230, pare avesse custodito le bende che hanno avvolto il corpo Cristo. All’improvviso il forte vento. Mi ritrovo dentro l’auto e innanzi a me il castello. Scendo mi avvicino al portone e busso. Mi apre un signore cortese ed elegante e mi accompagna a conoscere lo Stupor Mundi per eccellenza: Federico II di Svevia.