Dell’imminente “salto della quaglia” della famiglia dei politici crotonesi si rumoreggiava da un pezzo. La casata più potente dell’ex marchesato salta da sinistra a destra senza rimpianti e senza rossore e approda nell’Udc di Cesa (ASCOLTA L'AUDIO)
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Flora Sculco alla fine è passata con il centrodestra, esattamente con l’Udc, il contenitore democristiano sostanzialmente utilizzato dai tanti voltagabbana della politica calabrese e italiana per rimbalzare da destra a sinistra e viceversa, appoggiandosi alla giustificazione dell’adesione al moderatismo. Tradotto: avanti tutta verso il famoso “carro dei vincitori” da prendere al volo. Possibilmente un po’ prima che ci saltino tutti gli altri. E, per fare ciò, ci vuole una certa dose di talento e un grande fiuto. Tutte virtù in possesso dalla coppia politica padre-figlia della città pitagorica.
Il passaggio di Flora Sculco era stato anticipato dal papà Vincenzo, stratega di famiglia, politico di lungo corso tra la prima e seconda repubblica nelle pieghe delle morbide curve della vecchia “balena bianca”. Segretario regionale della Cisl, già vice Presidente della provincia di Crotone, dirigente della Dc e del Ppi di Marini. Dell’imminente “salto della quaglia” della famiglia Sculco, si rumoreggiava da un pezzo. Niente di nuovo sotto il sole. E, tuttavia, prima di “prendere cappello e andare via” da quel porto di mare chiamato centrosinistra, gli Sculco, hanno trovato il tempo per regolare qualche conto nel campo politico nel quale hanno alloggiato alcuni anni. Uno di questi conti, è stata la defenestrazione del capogruppo in consiglio regionale dei Democratici e progressisti, Giuseppe Aieta, a beneficio del giovane consigliere regionale Antonio Billari. Qualcuno sostiene, operazione attuata su mandato di qualche capo bastone democrat.
Un rapporto privilegiato
Sicuramente illazioni, ma fonti ben informate nel Pd, sono pronte a giurare che, il mandante di quel siluro ad Aieta, fosse niente di meno che, Nicola Adamo eterna eminenza grigia della politica politicante di quello che rimane della sinistra a sud del Pollino. E, d’altronde, negli anni della permanenza nel centrosinistra, il rapporto tra Enzo (Sculco) e Nicola (Adamo) è stato un rapporto privilegiato. Illazioni o meno, Aieta, qualche mese fa, è stato silurato. Ironia della sorte: sia Billari che Aieta, attualmente, guardano con interesse all’evoluzione del progetto politico autonomista in chiave anti Pd di Mario Oliverio. “È la politica bellezza”. Punto e a capo. Torniamo al trasformismo della casata politica più potente dell’ex marchesato saltata da sinistra a destra senza rimpianti e senza rossore. Enzo Sculco, è stato subito nominato responsabile regionale amministrativo del partito di Cesa. E, chiaramente, l’Udc ha fatto bingo. Intercettando il sistema Sculco, infatti, si accaparra non solo un patrimonio elettorale consistente ma, un sistema fatto di una fitta rete di rapporti e radicamento nei territori, con consiglieri comunali, provinciali, sindaci e amministratori.
Grasso che cola per un partito sfiancato da una indagine della DDA che ha pesantemente coinvolto il segretario regionale e assessore Franco Talarico e che aveva sfiorato lo stesso segretario nazionale. Inoltre, ultimamente, il gruppo ha registrato la defezione del consigliere regionale reggino, Nicola Paris, il quale ha lasciato gli eredi dello Scudo crociato, per approdare nella fila della Lega di Alberto da Giussano. Una new entry salutare quella dell’on. Flora Sculco, dunque, per un partito ormai quasi esangue. Cesa, dato per presente a Crotone, all’ultimo minuto ha disertato l’iniziativa di presentazione della candidatura dell’on. Flora Sculco, tuttavia, è stato rappresentato dal senatore Antonio De Poli e del generale Giuseppe Graziano. I due dirigenti dell’Udc, nel corso dell’iniziativa della presentazione della candidatura della giovane rampolla della famiglia Sculco a Crotone, e del suo relativo passaggio da sinistra a destra, hanno manifestato la propria soddisfazione.
Flora Sculco: «Udc contesto migliore»
«Avevamo la necessità di collocare la nostra storia, la nostra esperienza in un contesto nazionale in grado di risaltare la nostra identità - ha affermato da parte sua, la neo consigliere regionale cristiano democratica -. Riteniamo che l’Udc, che da sempre si caratterizza per essere una parte moderata e caratterizzata dalla responsabilità, sia il contesto migliore per proseguire il nostro impegno politico per produrre risultati a vantaggio del nostro territorio». Detto. Fatto. Come sempre, la giustificazione dei voltagabbana di casa nostra è la stessa: l’approdo sicuro al moderatismo di stampo cristiano democratico. Perbacco! Un classico.
E, comunque, gli Sculco, non sono nuovi a salti della quaglia da uno schieramento all’altro. Dai Popolari ai Demokratici di conio crotonese, da Loiero a Scopelliti e da Scopelliti a Oliverio fino al sostegno a Pippo Callipo, è sempre stato un attimo.
Ora è giunta l’ora della scialuppa targata Occhiuto-Spirlì, sempre che, quest’ultimo, sopravviva agli strali meloniani. La nave del centrosinistra, infatti, sta affondando disastrosamente, e gli Sculco, di affondare con Graziano, Boccia e la scienziata Amalia Bruni, non hanno nessuna voglia. E allora, eccoli pronti per una nuova navigazione, con una nuova nave, e un nuovo comandante, rapidi nell’afferrare al volo la vecchia ciambella dell’Udc, sempre pronta a salvare qualcuno in cambio della propria sopravvivenza.
Il concetto di trasformismo
Tuttavia, per onestà intellettuale, ci sembra giusto rilevare che, il trasformismo degli Sculco, non fa altro che perpetuare una vecchia pratica politica tutta italiana, in Calabria particolarmente radicata, e che affonda le proprie radici a quasi un secolo e mezzo fa. Un costume emerso in un’epoca radicalmente diversa da quella contemporanea. Un contesto politico e sociale nel quale, destra e sinistra, indicavano qualcosa di estremamente diverso di ciò che hanno rappresentato nei decenni successivi.
Il concetto del trasformismo, infatti, nasce, nel 1882 per mano del leader della sinistra di allora, Agostino Depretis. Da presidente del Consiglio, Depretis aveva deciso di aprire alla destra, e a chi lo accusava di aver tradito il programma della sinistra, rispondeva: «Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se vuole trasformarsi e diventare progressista, come posso io respingerlo?». La pratica, tuttavia, negli osservatori politici e culturali del tempo, suscitò critiche ed ironie.
«Trasformismo, brutta parola a cosa più brutta. Trasformarsi da sinistri a destri senza però diventare destri e non però rimanendo sinistri», scriveva, Giosuè Carducci. Il più duro si dimostrò Francesco Crispi, la sua analisi per quella stagione calzerebbe a pennello anche per la situazione contemporanea, così scriveva sulla “rivoluzione” depretisiana: “ogni gruppo, anziché comprendere un ordine di idee, comprendeva un’associazione di individui, i quali fatalmente, secondo i casi, mutavano d’opinione” per cui, “le infedeltà, le apostasie, erano un merito per salire in alto”. Un giudizio duro quello del Crispi, anche se, il vecchio politico fu lui stesso a scivolare nella pratica del trasformismo, allorquando, proclamata l'Unità d'Italia, abbandonò le posizioni repubblicane per aderire alla monarchia.
Insomma fra un paio d’anni celebreremo il 140° anniversario del trasformismo italiano. Una pratica inaugurata nel quinto ministero De Pretis, che segnava che già allora segnava la fine della distinzione tra destra e sinistra storica e l’avvento di una prassi politica secondo la quale sono privilegiati i singoli, le ambizioni degli individui, piuttosto che, le idee. Le grandi ideologie del 900, in qualche modo attenuarono tale pratica, la quale sfociò nella deriva attuale, a partire dal 1989. Oggi, chiaramente, abbiamo superato ogni limite e decenza e, gli esempi degli Sculco di terra calabra, sono stati elevati all’ennesima potenza sul piano nazionale.
I cambi di casacca nelle ultime due legislature
I numeri delle ultime due legislature, in tal senso sono emblematici. La XVII legislatura e l’attuale, fotografano infatti in maniera impietosa la situazione. Alla fine della prima si contano 566 passaggi di gruppo, 313 alla Camera e 253 al Senato. I parlamentari coinvolti in questo valzer sono 347, il 36,53% degli eletti. Tra il 2013 e il 2017, 48 tra deputati e senatori hanno cambiato almeno tre volte gruppo. In quella attuale, nata nel 2018, siamo già a quota 160 passaggi e in 18 hanno cambiato casacca solo nel mese di gennaio 2021. E la situazione è destinata a peggiorare considerate le spaccature all’interno del Movimento 5 Stelle, in Forza Italia, tra i fautori della saga Conte/Grillo oppure Meloni/Salvini.
Agostino Depretis, da politico lucido e navigato quale era, rispose alle “novità” e alle evidenti difficoltà in cui versava la Sinistra in preda a conflitti interni e a personalismi, allargando la base politica dei suoi governi attraverso il coinvolgimento di limitati (e disponibili all’incontro) settori della Destra liberale. Secondo il pensiero del navigato politico gli schieramenti tradizionali, Destra e Sinistra, avrebbero dovuto rinunciare alla loro natura per trasformarsi e confluire in un soggetto politico inedito, moderato e di centro, che consentisse la continuità di governo (e la sua sopravvivenza al potere) e, allo stesso tempo emarginare le “Estreme” di entrambe gli schieramenti. E, tuttavia, c’è da chiedersi: cosa avrebbe pensato oggi, della deriva del suo “pensiero politico” nelle mani dei Renzi, di Verdini, dei Salvini e degli Sculco? Avrebbe ancora avuto voglia di dar vita a quella stagione politica?