Di fronte a un centrodestra calabrese che piagnucola mentre il Tar gli boccia le ambizioni di rivolta, il centrosinistra dei Guccione, Aieta, Di Natale, Giudiceandrea, Irto e Viscomi sembra un esercito di sciupafemmine
Tutti gli articoli di Le perfidie di Antonella Grippo
PHOTO
Non ci posso credere! I ragazzi di centrosinistra sono tornati alla grande e stanno spopolando tra le parrucchiere di Domanico.
Certo, se tu intravedi in Carletto Guccione il Mikael Douglas di Attrazione Fatale o, peggio, in Peppino Aieta, gli occhi di brace di Andy Garcìa, che fecero fibrillare il cuore della figlia di Al Pacino nel Padrino (parte terza), hai necessità che qualcuno ti trivelli la psiche per escludere l'assunzione costante di un qualche potente allucinogeno. Lo sanno bene anche le infermiere di Cetraro, il cui immaginario erotico è prossimo al baratro. A meno che non entri in scena Mimmo Bevacqua, che, in grande rilancio, pare la riedizione silana di Steve McQueen.
Se poi, ci metti pure Graziano Di NataleincasaCupiello, che nelle vesti di Emiliano Zapata arringa le folle ad Astronave vuota, è possibile che si ingrifino di brutto anche le logopediste di Bisignano.
Nicola Irto, dal suo canto, potrebbe giocarsela, ma il suo look fa troppo "Colazione da Tiffany" e troppo poco "Mimì mettalurgico".
Ad ogni buon conto, i suddetti sciupafemmine, se confrontati ai piagnoni di maggioranza di Palazzo Campanella, richiedenti asilo in zona gialla, fanno un figurone spaziale!
Ve lo dico, cari fiacchisti italici, leghini, cameragni di Calabria: con questi chiari di luna, persino il Pd, che si perde nel centro di Mandatoriccio dove "non si perde neanche un bambino", rischia di sfondare alle prossime elezioni regionali.
Lo stesso Pd, che "pensa a delusioni, a grandi imprese, ad una tailandese" senza aver mai quagliato un beneamato ciufolo, potrebbe, a questo giro, passare finanche la soglia di sbarramento.
A maggior ragione se il destra-centro di terra, di mare e di Lorica insiste con il lamento aurorale da clarissa cappuccina in lutto, dicendosi vittima delle sevizie del Ministro Speranza, il quale, invece, è così tenero da avere ispirato a Troisi il celeberrimo "Robertì, vafangulu tu e mammina!"
La supercazzola della Calabria offesa e messa in castigo rosso dal governo centrale brutto e sadico, dove, per verità, non abitano né Roosevelt né De Gasperi, non tira più. Anzi, è roba melensa assai.
Del resto, il Tally che mi convoca un Consiglio Regionale sul tema, dopo che il Tar del Lazio ha mandato a ramengo il Capo della Cittadella (da non confondersi con Cittadella del Capo), becca lo stesso successo di una cover di Checco dei Modà nel Massachusetts. Se aggiungi l'affondo di Aieta, succitato strafigo di ogni Tirreno: «Presidè, quest'ordine del giorno non è una cosa seria!», le cose si complicano a dismisura.
Insomma, c'è poco da stare allegri. Per un Cotticelli espatriato su un treno "che non fa più fermate neanche per pisciare", non è detto che si materializzino, d'improvviso, a Germaneto i Churchill o le Tacher. Non vi fa onore, cari uscenti, celare le vostre dimesse e colpevoli spoglie dietro lo sgualcito distintivo di un Carabiniere. La politica non è mai innocente. Non lo è per definizione, avendo l'onere della Visione, dello sguardo lungo, dell'orizzonte di Senso. La politica, ancorché commissariata, non subappalta mai ad altri. Risulta, inoltre, alquanto strano che proprio i cultori delle autonomie, dei federalismi illuminati e dello scorrimento orizzontale dei poteri-da Brembate di Sotto a Castrovillari- si siano ridotti a mendicare la caritatevole attenzione di Peppino Conte. Che piagnisteo, ragazzi! Che litanìa! Altro che celodurismo! Poi non lamentatevi se Antonio Viscomi appare in sogno alle maestre d'asilo di Botricello, mentre è intento a spalmare ketchup sulla rotula di Kim Basinger davanti al frigorifero di Nove settimane e mezzo. Non frignate se Giudeceandrea è sospettato di avere scritto, in combutta con Marx, il "18 Brumaio". Sveglia! Mollate le gramaglie, il pianto. Tanto, Giuseppi, dall'alto della sua iperbarica pochette, non vi fila di pezza. Al massimo, può indirizzarvi un delizioso, elegante, definitivo: «Nun me rompe er ca'!».