La scudisciata della figlia del Cavaliere a Giorgia Meloni con tanto di avviso di sfratto a Tajani nella più feroce delle ricostruzioni ironiche
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L'idea dell'unità di intenti del centrodestra è plausibile quanto la possibilità di acquisto della Fontana di Trevi, dal canto dei malcapitati avventori della bancarella di Totò. Ci credono solo i "polli delle Libertà" e fingono di crederci Giorgio Mastrota, Marco Columbro e Susanna Messaggio, che, se acchiappano una Bic, ci riavvolgono il walkman degli anni ‘90.
Matteo, Antonio e Giorgia si amano più o meno come Brenda e Kelly di Beverly Hills nella vita reale. Come noto, il Cavaliere, metastorico e metafisico, al pari di Gloria Swanson nel ciak finale di Viale del tramonto, se ne fotteva dei soci di cordata: non concordava alcunché, procedeva per Categorie dello Spirito (miracoli italiani e prodigi fuorisacco).
Identico a se stesso e inamovibile, si è sempre rifiutato di negoziare la sua antica aura azzurra a vantaggio di questo o quel compagno di viaggio, pur essendo il più eccelso dei federatori, in grado di garantire gli equilibri di schieramento. Il suo partito, in origine, era un trip, un fascio di elettroni mistici irradiati da Antenna 3, ancor prima che da Mediaset e dall'arte fattucchiera di Iva Zanicchi.
Silvio, alla stregua del Padreterno, resta l’unico Essere che, per regnare, non ha mai avuto bisogno di esistere (Baudelaire). Ci aveva provato pure Tony Binarelli, senza successo alcuno. E comunque, a dispetto della sua indole taumaturgica, il Cavaliere amava spesso confondersi tra gli umani di Retequattro, per propugnare pensioni più pingui e tasse meno corpose. In ogni caso, ha sempre rappresentato il più estremo dei paradossi: l'Incorporeo popolare.
La surrealtà che si fa "cummenda" di Brianza. Dopo la sua morte, sembrò a noi altri sprovveduti cronisti che Forza Italia stesse per estinguersi. Mai previsione fu più incongrua. Il partito azzurro è ancora tra noi, sebbene tajanizzato. O meglio, affidato alla guida “sedante” di Antonio, tutt’altro che ipnotica.
L'unica consuetudine ultraterrena che il Ministro degli Esteri intrattiene è quella con il ragioniere del quinto piano. E poi, troppo docile con la cazzuta Giorgia e poco assertivo.
La cosa non è sfuggita alla “sublime” Marina, legittima erede del talento di Silvio che, attraverso Il Foglio di Cerasa, ha trasmesso un avviso di sfratto al mite Tony. “Meno dipendenza dal trumpismo, più protagonismo dell’Europa e maggiore coraggio sui diritti”- ha tuonato la Berlusconi. Una scudisciata mica da ridere, diretta in primis alla presidente del Consiglio. Così come agli azzurri.
Per FiaccaItalia, insomma, ci vuole una botta di vita perché recuperi l’originaria vocazione liberale. Ad ogni modo, v’è da dire che, quanto a classe dirigente, non è che la Meloni sia messa meglio. E poi, non scherziamo: le Camicie nere di Marinetti non erano ‘sti figaccioni dal tratto ariano ma, più verosimilmente, solo i precursori del non fulgido vigore di Giovanni Donzelli. Questa, però, è un’altra storia.