I cameragni postmoderni, prole differita della Lupa, fatti fuori dal consiglio di amministrazione della tv di Stato grazie all'affettuosa attenzione dei soci di cordata, minacciano vendetta ai danni di questi ultimi. C'è da presidiare la reputazione maschia dei melonetti, frodati alla grande da forzisti italici e da lega(ti) ad un granello di sabbia.

L'idea genialmente ovina degli emuli d'Er Pecora è quella di sabotare l'alleanza di centrodestra, in vista delle regionali, laddove il candidato presidente non sia di stretta osservanza fascia. Una sorta di "te lo faccio vedere chi sono io. Eia Eia. Alala!". Del resto, se i sondaggi dicono che stai fottendo pure Salvini, ti puoi permettere di fare "cucusettete" al pianeggiante e gioiosotaurico Cannizzaro. Dopo di che, si tratterà di riscattare Salò, Donna Assunta, Claretta, dopo aver dilaniato la memoria di quel traditore di Galeazzo Ciano. Se ti metti d'impegno, poi, è assai probabile che dentro il torrente di lava possa ardere lo stesso Arruzzolo. L'unico rischio è che Occhiuto ti faccia fare l'altalena a testa in giù al Luna Park, nella centralissima piazza Loreto di Cosenza. Da non confondersi con altri, più gloriosi piazzali. Che avevi capito?

Ad ogni buon conto, meno male che c'è Wanda, il cui percorso biografico è una garanzia. La Nostra, infatti, nasce da una relazione extraarcocostituzionale tra Irene Papas, Michele Tra(S)versa, Maria Grazia Caporale e Tiziano Ferro in una delle poche Sere Nere del '68. Tanto è vero che le sarà inflitto il nome di Nera Relativa. La ragazza cresce fiera e ganza in quel di Catanzaro. A dieci anni si iscrive al Movimento Sociale Italiano, scambiandolo per il partito di Giorgio Almirante. Toccherà al Trasversalmente Michele rivelarle l'atroce verità: Msi è il partito di Mimmo Tallini. Di qui la profonda crisi mistica che la convincerà a prendere i voti abramici e a riparare nel convento diretto dalla badessa Caporale, in perpetua guerra con un cognome che avrebbe prpreferito essere, almeno, Tenente.

Wanda, però, non mostra alcuna attitudine per le preghiere. Cosicché torna alla vita mondana e finisce travolta nelle acque di ricino di Fiuggi. Impatta in Alleanza Nazionale, con tutto ciò che ne consegue. Lei non demorde e insiste. Approda, dopo una serie di vicissitudini, a Montecitorio. Il sogno per antonomasia resta la Cittadella, che, questa volta, ahimè, è da appaltarsi a Forza Italia. Sennonché l'incidente Rai ribalta gli accordi e Ferro si dice pronta alla difesa strenua dei colori di bandiera. Se non fosse che, per menare pesante su Salvini, basterebbe esercitare, dal canto dei Fratelli, la più deliziosa delle perfidie: rinegoziare a proprio vantaggio la vicepresidenza di Germaneto, scippandola a Spirlì, che ne è titolare per assioma catechistico. Per volontà paragnostica di Giucas Casella. Ora, non c'è bisogno di schierare l'artiglieria pesante quando te la puoi cavare con uno stiletto. Dopo di che, ricontratti molto altro e fai lievitare il "prezzo". Vuoi mettere? "Quando saremo vicino a te, noi sceglieremo un altro Nino, un altro me!". Una botta di ritrovata "primavera di bellezza" che ti "botulina" persino Ignazio La Russa.