Ci vorrebbe un bunker o una terapia shock per venirne a capo: uno scandalo, un tradimento, una vendetta, un maniaco, qualcosa di sano e umiliante che rianimi le membra intorpidite
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Agosto, tra tutte le invenzioni del demonio, la più subdola. Stavolta però crespo, reggaeton e brutte scarpe poco c’entrano col Sahara che m’attraversa dentro. Le emozioni sono inaridite, le pulsioni desertificate, le città, invece, ancora troppo piene.
Cos’è successo? (Fine del mondo a parte) Andatevene via!
Alcuni sembrano felici, li osservo incredula dallo spioncino della porta mentre a mani nude scavo un fosso per nascondermi di più. Per non essere travolta da eccitazioni di corpi elettrizzati che minacciano il mio narcotizzato. Ci vorrebbe un bunker o una terapia shock per venirne a capo: uno scandalo, un tradimento, una vendetta, un maniaco, qualcosa di sano e umiliante che rianimi le membra intorpidite. Un bulldozer c’è passato sopra demolendo la stanza più preziosa della casa: la fabbrica dei segreti. Ecco cosa manca in questa stramba estate arida: una passione clandestina, un amplesso imbarazzante, una relazione socialmente inaccettabile con un subumano da seppellire nelle segrete della memoria per nasconderla in primis a noi stesse.
Cosa resta dei nostri diari senza pagine stracciate? Me lo domando mentre scorro le ultime del mio, avvincenti quanto il libretto della messa. (Pace inclusa!)
Niente di inconfessato, non un serpente nell’Eden, manco un delitto d’onore scampato: giorni che scavalcano altri senza un appuntamento di notte al rifornimento di benzina con un tizio in mocassini che non saluteresti in ascensore. È gentile, profumato, pettinato: se qualcuno lo scoprisse sarebbe una tragedia!
Che meraviglia le tragedie. Quel momento di profondo accoramento in cui ti bei dei tuoi peccati. Che palle l’integrità! Che decisione inutile restare sane e salve. Ma com’è c’è venuto in mente di nuotare a riva?
Bisognerebbe riattivare quel bulldozer e dragare più in profondità, stavolta: fino alle fondamenta della nostra essenza dov’è annegata la speranza. Sepolta sotto una catasta di buoni propositi, fioretti, mea culpa e numeri di telefono archiviati. Quelli a cui non rispondere mai!
A meno che quello della ruspa non ci passi il suo.