Ho sognato d’essermi estinta. Che un cataclisma aveva eliminato la mia specie dal pianeta com’era avvenuto con i dinosauri e coi telefoni fissi. Che noi donne non esistevamo più, che come Atlantide eravamo sprofondate negli abissi e del nostro passaggio sulla Terra rimanevano fossili e frammenti di storia. Che i posteri generati in clonazione s’interrogavano se fosse vero che c’era stata un’epoca in cui la Terra era abitata da creature mitologiche allevate per la produzione di latte che d’un tratto erano svanite lasciando traccia della loro presenza in reperti archeologici incapaci di restituirne il prodigio, nascosti in segrete di collezionisti abusivi. Tipo il museo dell’utero, tempio sacro e profano tra feticismo e scienza, dove studiosi e guardoni si sarebbero addentrati alla ricerca degli arcani del corpo femmineo, reo di hybris e condannato perciò prima alla sanguinazione e infine alla trasparenza eterna.

Ho sognato d’essere privata della voce, di dissolvermi in schiuma di mare. D’essere immobile, muta, invisibile: la mia immagine sbiadiva nelle foto e il riflesso moriva nello specchio. I nomi delle mie sorelle non c’erano più sui citofoni e quelli delle compagne erano svaniti dai diari. Le mie rivali cadevano in un buco nero e le nemiche s’inabissavano nei mari. Sante e madonne, eroine e puttane: tutte risucchiate. Persino le madri perivano ingoiate dalle gole dei vulcani.

Che ansia! V’immaginate se d’un tratto il mondo si svegliasse senza donne? Se sparissero i posti di lavoro e dopo pure le operaie? Se non ci fossero più scrittrici, perditempo, imprenditrici, massaie? Ci pensate se ci scoprissimo inchiostro cancellabile e una passata gomma e non esistiamo più?

Ecco: ho sognato d’essere prigioniera d’un romanzo distopico che eclissa le donne e le riduce a ballerine di Milonga in cui a condurre è il tanguero. Che incubo! Fortuna che ora sono sveglia. Per un attimo avevo creduto d’essere finita in una riserva misogina, che ci considera punti spesa da raccogliere per avere la pirofila regalo. Meno male ch’era un sogno: l’uguaglianza in Italia non solo è prioritaria, è da prime time. Dove non arriva la Costituzione c’è sempre Sanremo, care estinte: dopo i consigli per gli acquisti un monologo di Stato ci riscatterà.