È scomparsa all’età di 90 anni l’attrice simbolo della commedia all’italiana. Indimenticabile ne “La Ragazza con la pistola” e in “Dramma della gelosia”, contribuì a rendere moderno il cinema diventando la prima mattatrice in un mondo di soli maschi
Tutti gli articoli di Innocenti Evasioni
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Ho visto e rivedrò all’infinito “La ragazza con la pistola”. La prima volta che sono finita nella Sicilia profonda di Monicelli ero poco più che una bambina e manco mai avevo l’avevo sentita la parola patriarcato – consumati i moti femministi nella vita reale, almeno la mia, non se ne parlava granché - eppure quella sicula baffuta con treccia che attraversò il continente e poi la Manica urlando vendetta conquistò immediatamente un posto d’onore nella mia videoteca (pari a quello che la disonorata “di mammo” voleva riscattare). Monica Vitti per me è innanzitutto Assunta Patanè: tragicomica boddana del femminismo accidentale partorito dal macalusismo più becero. Generato dalle viscere e non dai libri.
Oggi muore la commedia all’italiana, ma pure la tragedia. Talentuosissima, eclettica, anima, corpo, così brava da far dimenticare di essere anche bella. Bellissima. La più bella di sempre.
Era già ricordo da 20 anni a causa di una malattia che i rumors hanno sempre indicato come Alzheimer. La malattia più brutta che esista, un trapasso del corpo che dura anche due decenni. Che cancella la memoria. Ma che sarà incapace di scalfire da quella collettiva la voce roca della fioraia del Verano che mai s’era innamorata in vita sua e poi improvvisamente s’innamora di uno e subito di un altro: «Ma perché due, due insieme? Ma se può campa' così?». Oreste, Nello, Adelaide (Mastroianni, Giannini, Vitti), il menage a trois più leggendario della storia del cinema italiano, e non solo, che Ettore Scola ha cristallizzato donandogli eternità nella scena della turpe notte dell’albergo Molise. Quanta irripetibile bellezza.
Monica Vitti ha un ruolo da protagonista nella storia dell’empowerment femminile - prima comica in un mondo di soli maschi - nonostante i tanti tantissimi schiaffi presi in scena da mariti, amanti, maschi-padrone. Ha indossato con innata grazia indecenza e scandali in epoche in cui essere madri, mogli, vallette era l’unica via. S’è sposata in tarda età e ha intrattenuto relazioni amorose sempre con colleghi perché ritrovare un uomo solo di sera per lei era impensabile. Con Michelangelo Antonioni in una manciata di anni svecchiò il cinema e visse l’amore senza mai condividere un tetto.
Esilerante, struggente, malinconica, brillante. Femmina più che moderna, eterna. Inarrivabile. Indimenticabile come il suono dei ceffoni presi da Tognazzi ne “L’Anatra all’arancia”: una storia d’amore e corna che riprende vita grazie a una spezia afrodisiaca chiamata piticarno (per i ben pensanti) ma che oggi chiameremo coppia aperta.
L’amò più che una fidanzata Alberto Sordi. Dal cielo oggi piove Polvere di stelle.
Riposa finalmente in pace Monica, e canta agli angeli “Ma ndo vai se la banana non ce l’hai?”