L'azienda agricola Arcuri a Castagna rivaluta la razza autoctona calabrese lavorando ad un progetto imprenditoriale sostenibile con il territorio e con la storia della famiglia iniziata diverse generazioni fa
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L’azienda agricola Arcuri nasce da un progetto di qualche anno fa, spinto dal desiderio di Carlo di realizzare un’attività imprenditoriale sostenibile e compatibile con il territorio e con la storia della famiglia, iniziata diverse generazioni fa. Ma non solo, perché c’è in Carlo Arcuri anche la profonda convinzione che in questa nostra terra, tra queste montagne definite marginali, fosse possibile creare opportunità lavorative per le nuove generazioni. Anche per fermare l’esodo.
Siamo a Castagna, nel cuore della Sila piccola catanzarese, qui si trova un’impresa a conduzione familiare, il cui titolare è il dott. Carlo Arcuri, sostenuto in questo dalla sua famiglia, soprattutto dalla moglie:
«L’azienda è vocata alla tutela e alla rivalutazione della razza autoctona del suino nero di Calabria ed ha lo scopo di operare un’attenta e accurata trasformazione e stagionatura delle carni in prodotti di qualità che ricordino la bontà e i profumi di quelli di una volta».
Con Carlo vorremmo capire come vengono realizzati i prodotti trasformati.
«Realizziamo rigorosamente a mano tutti i nostri prodotti, rispettando i tempi e i metodi che detta la nostra tradizione, con lo scopo di operare un’attenta e accurata trasformazione e stagionatura delle carni in prodotti di qualità che ricordino la bontà e i profumi di una volta».
Carlo Arcuri, una laurea in medicina veterinaria, è innamorato del territorio dov’è nata la sua azienda. Ma soprattutto ha una storia da portare avanti. E prima di tutto da raccontare.
«Sono un appassionato della razza autoctona del nero di Calabria; il terreno sul quale sorge l’azienda, apparteneva a mio nonno Bruno, e prima di lui a suo padre, e prima ancora al padre di suo padre. Su queste terre, che hanno visto le lotte spesso sanguinarie dei briganti, i miei antenati pascolavano i loro maiali, rigorosamente neri, che all’epoca costituivano una fonte primaria di sostentamento per le famiglie assai numerose».
Carlo ha ripreso le tradizioni del passato, proponendo un modello nuovo, a basso impatto ambientale, iniziando dall’allevamento dei maiali.
«Sì, i maiali vivono allo stato brado e semibrado e si cibano in modo assolutamente naturale di ghiande, di castagne, di erba e di tuberi. Nei momenti in cui è difficile per gli animali reperire il cibo, la loro alimentazione è integrata, a seconda del periodo, con cereali e foraggi prodotti in gran parte in azienda, questo tipo di alimentazione, associata alle caratteristiche uniche del territorio, assolutamente incontaminato, e alla genetica della razza, consente il raggiungimento di eccellenti e particolari caratteristiche qualitative della carne e quindi dei prodotti che da essa si ricavano».
L’azienda in piccola parte si dedica alla produzione di ortaggi, erbe officinali e aromatiche, allevamento di animali di bassa corte.
«Di recente é stato impiantato un piccolo frutteto con la presenza di antiche varietà di piante, un castagneto da frutto, frutti di bosco e, in via sperimentale, un piccolo vigneto. Dal maiale si ottenevano prima di tutto gli insaccati: salsicce e soppressate la cui carne veniva tagliata a strisce sottilissime “ccu lle curtella”, poi dopo essere stata energicamente impastata con sale e peperoncino, veniva “insaccata” a mano nelle budella, infine si procedeva all’asciugatura “all’aria dei ciaramiui” e all’affumicatura” ».
Ma non è tutto qui..
«Intanto si metteva in salamoia la carne per preparare pancette e capocolli che poi sarebbero stati preparati e appesi accanto agli altri prodotti per procedere all’asciugatura. Con la pelle, con il grasso e con le ossa, messi a bollire in una grande “quadara” di rame, si ottenevano le frittole, i “frisui” e lo strutto. Le ossa e la carne della testa, bollite a parte e mescolate con l’aceto servivano a preparare, “u suzu” (la gelatina)».
Anche col sangue si faceva qualcosa di molto ricercato.
«Vero, con il sangue raccolto nel momento in cui l’animale veniva ucciso, si faceva il sanguinaccio, una specie di crema dolce che si otteneva unendo al sangue, zucchero, vino cotto, noci, cioccolata».
I suini dell’azienda Arcuri, come tutti i neri calabresi hanno un accrescimento lento perciò la carne prodotta ha un’elevata qualità nutrizionale.
«Ed è una carne più magra ed è pertanto la più indicata per un’alimentazione sana ed equilibrata. La carne del suino nero di Calabria è un concentrato di nutrienti benefici ed indispensabili per mantenersi in buona salute».
Anche il grasso ha qualità particolari.
«Il grasso risulta morbido e di buona qualità: l’acido grasso predominante è infatti l’acido oleico, un monoinsaturo molto rinomato perché presente nell’olio extravergine di oliva, dotato di un forte potere antiossidante e protettivo verso l’insorgenza di arteriosclerosi. Anche gli acidi grassi essenziali rappresentano una quota significativa con oltre il 20% del grasso totale e con un ottimo rapporto tra omega 3 ed omega 6».
Il sogno di Carlo si è in buona parte avverato. L’azienda cresce, i prodotti si vendono, la famiglia lavora duramente. Ed ha potuto dimostrare che anche negli angoli più remoti di questa nostra terra, si può fare impresa.