Le sue origini risalgono all'anno 1000, ai tempi dei monaci basiliani. È diffusa nell’alto Crotonese e fino alle porte della Sila: oggi decine di imprese hanno deciso di fare squadra per valorizzarla ancor di più
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Fare impresa, fare una buona impresa, che guardi al futuro, ma che abbia radici profonde nella storia antica e nelle tradizioni locali. Ecco la Pennulara, la regina degli ulivi, così sconosciuta, così amata. E finalmente nasce l’associazione dei produttori di olio di oliva Pennulara.
La cultivar “pennulara" ha una storia importante. Gli studi la fanno risalire tra il X e il XII secolo, ai tempi dei monaci basiliani che si scontravano con i Florensi di Gioacchino da Fiore. Il tutto concentrato nell’alto Crotonese e fino alle porte della Sila. Con il neo presidente dell’associazione, Ernesto Scola, ragioniamo sugli obiettivi dell’associazione stessa. «Nasce dalla volontà della filiera olivicola locale di volere attribuire un valore aggiunto alla propria produzione, che si fonda per la maggior parte da una presenza predominante di questa cultivar e dalla consapevolezza, oserei dire finalmente, che probabilmente se riusciamo a metterci insieme in un progetto importante come quello che abbiamo avviato, contribuiremo a dare una nuova narrazione per questa terra e per tutte le sue potenzialità. Vorremo fare una cosa di cui andare fieri, per parafrasare un tuo libro».
L’associazione è un punto di partenza. Da qui nasce un nuovo modo di fare impresa, di trasformazione dell’olio, di commercializzazione. Per i paesi dell’alto Crotonese, gli unici nel cui territorio da secoli nasce la Pennulara, comincia una storia diversa. Ma intanto c’è da capire perché la Pennulara è così particolare. Il presidente Scola è chiaro: «La Pennulara o la nostrale di Caccuri, è una cultivar tipica di un areale non molto vasto ricompreso tra i comuni di Caccuri, Cerenzia, Castelsilano e Cotronei. Ha una doppia attitudine da olio e da mensa, naturalmente dà il meglio di sè quando viene molita per produrre il prezioso olio».
Poi sappiamo benissimo che l’olio è veramente particolare, lo è per un fatto di gusto, un fruttato intenso al sentore di carciofo ed erba sfalciata. «Sì, ma soprattutto per le sue intrinseche qualità organolettiche che ne fanno un prodotto nutraceutico ovvero che ha la capacità di estrinsecare effetti positivi per la salute di chi lo utilizza».
Questo è un aspetto già evidenziato da una copiosa letteratura scientifica prodotta anche da prestigiose università italiane e che l’associazione vuole mettere al centro della propria azione di valorizzazione. «Da questo punto di vista già in occasione del workshop organizzato dal premio letterario di Caccuri il 6 agosto scorso, ho avuto modo di avviare una interlocuzione importante e proficua di utili risultati con l’Istituto di scienze dell’alimentazione dell’Università di Roma Tor Vergata diretto dal Prof. Nino De Lorenzo. Da queste collaborazioni ci attendiamo molto. I numerosi e prestigiosi premi conseguiti dalle aziende socie dell’associazione in tutt’Italia nel corso di questi ultimi anni dimostrano inequivocabilmente la giustezza delle nostre convinzioni».
E proprio il 6 agosto c’è stato il battesimo all’interno di una bella iniziativa del Premio letterario Caccuri. Molto partecipata. «Migliore battesimo non ci poteva essere. Iniziativa lodevole che incastonata nella programmazione del Premio letterario Caccuri acquisisce prestigio e mostra una attenzione degli organizzatori verso il territorio e quelle eccellenze che devono, per affermarsi, essere messe in rete. Il parterre di relatori di primo piano e il successivo eco mediatico che ne è derivato oltre alla prestigiosa cornice del Vurdoi hanno fatto il resto. La strada che abbiamo imboccato penso sia quella giusta. C’è nei confronti dell’associazione attenzione e simpatia e di questo ne sono davvero contento. Di prestigio e rilevanti sono i soci istituzionali dell’associazione come il Comune di Caccuri, il Gal Kroton a cui si aggiunto lo stesso premio letterario di Caccuri».
Finora ha giocato un ruolo importante il GalKroton. «Sì, vero. Una menzione particolare va al presidente Natale Carvello, cha da anni si sta spendendo nella valorizzazione di questo olio. È stato il primo in assoluto a crederci, ed al braccio operativo del Gal stesso, Martino Barretta, grande organizzatore».
Anche l’assessore regionale Gallo ha dimostrato interesse proprio in occasione del Premio Caccuri. «La sua sensibilità istituzionale ed umana è ormai nota ai più. Sta svolgendo un grande lavoro in una postazione fondamentale per i futuro della Calabria. Ha ben compreso da tempo l’enorme potenzialità che c’è nel settore olivicolo regionale, il secondo in termini generali per valore della produzione, e sta spingendo molto in una saggia opera di valorizzazione degli aspetti in parte mai valorizzati dell’intera filiera e che, comunque, sono quelli che, poi, creano valore aggiunto al prodotto. Si pensi, per esempio, al bando per il packaging recentemente prodotto dal Dipartimento agricoltura con fondi della precedente programmazione. Ci ha assicurato sostegno e collaborazione nella nostra nuova attività e di questo non ne possiamo essere che contenti».
Intanto sono stati già eletti gli organi direttivi dell’associazione. Presidente Ernesto Scola, vice presidente Urso Cristian Andrea. Il direttivo è composto da Eugenio Falbo, Peppino Lopez, Giovanni Marrazzo, Andrea Lora, Giuseppe Secreti, Isabella Loria Murgia, Angelo Oliverio, Francesco Basile. Francesco Miliè. L’area tecnica è composta da Thomas Vatrano, Emanuele Urso e Filomena Pasculli. I soci al momento sono 30, ma numerose sono istanze di ammissione che saranno valutate prossimamente.
E certamente sono molte le iniziative che saranno organizzate per il futuro. «Partiremo con la valorizzazione a tutto campo del nostro olio. A partire dalla produzione del logo rappresentativo del marchio che sarà opportunamente propagandato e promosso mediante la produzione di materiale divulgativo, anche multimediale».
Ma c’è da fare ancora altro, dice Ernesto Scola: «Si dovrà lavorare nell’opera di individuazione dell’areale di elezione, oltre che giungere ad un primo censimento degli alberi che vi ricadono. Si dovrà necessariamente, poi, lavorare all’elaborazione di un disciplinare per assicurare unicità al prodotto a marchio pennulara. In questi giorni ci saranno i primi incontri con i soci per approntare un primo programma comune di attività».
Addirittura si parla di un Consorzio di tutela. «Pensiamo che la naturale prosecuzione di questa prima forma associativa dovrà essere, se le cose vanno come devono andare, la costituzione di un vero Consorzio di tutela e di valorizzazione».
L’olio calabrese sta diventando sempre più importante all’interno dell’economia della Calabria. Ottima anche la qualità. C’è un rilancio delle imprese agricole e tanta voglia di innovare e aprirsi alle nuove tecnologie e ai giovani imprenditori agricoli. «I produttori e la politica hanno compreso ormai da tempo come sia necessario far fare al comparto olivicolo regionale un definitivo salto di qualità. La Calabria descritta quale terra di olio di bassa qualità, famosa per il suo lampante, e dove si potevano fare affari d’oro da parte delle multinazionali del settore, sta lasciando il posto ad una Calabria cosciente dei propri mezzi e delle proprie potenzialità e dove il ricambio generazionale ha molto spinto verso questa direzione. La richiesta di olio di qualità sta trovando interlocutori attenti nell’intera filiera produttiva che sta eguagliando anche altri settori agricoli”.
Però è ancora bassa la percentuale di trasformazione, pare attorno al 20%. È poco. «È vero ma l’associazione ha anche questo scopo. Ricordo come negli organi direttivi della stessa siano rappresentati tutti i comparti della filiera: produttori, frantoiani e imbottigliatori. Risulta necessario fare gioco di squadra senza personalismi e mirare ad una vera e reale valorizzazione della cultivar pennulara che significa, fondamentalmente, acquisire spazi di mercato di olio di qualità, rendere il prodotto immediatamente riconoscibile al consumatore ed ottenere un prezzo finale che ripaghi il produttore e l’intera filiera della produzione di questo impareggiabile olio».
La "pennulara" è una straordinaria e poco conosciuta varietà di olivo. Un’autentica testimonianza del passato nel territorio del marchesato di Crotone, fino alle pendici della Sila. La cultivar “pennulara" produce un olio dal sapore elegante che dà una certa dolcezza, appena preceduta da un delicato amaro e da un piccante raffinato. È una varietà nobile della nostra migliore oliva. Tra storia e leggenda sembra certo risalga ai tempi dei monaci greci dell’ordine dei Basiliani, ma con molta probabilità è arrivata a noi dall’attività agricola dei monaci all'abate "di spirito profetico dotato", Gioacchino da Fiore, che erano in aperta ostilità con i monaci basiliani, che dopo una serie di duri scontri abbandonarono la contesa. Così la coltivazione della pennulara è arrivata fino ai circa 700 s.l.m. tra i comuni di Caccuri, Cerenzia. Praticamente ad un passo da San Giovanni in Fiore e Castelsilano, quindi dalla Sila.