È il presidente dell'organizzazione di produttori Agricor di Corigliano Rossano, che oggi conta 84 soci. Gli albori quarant'anni fa, le esportazioni all'estero e il lavoro per l'ottenimento dell'Igp: «Innovazione e qualità ci hanno permesso di diffondere e moltiplicare la presenza dei nostri agrumi nella grande distribuzione»
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Natalino Gallo è il presidente della OP (Organizzazione di produttori, ndr) Agricor di Corigliano Rossano. La sua è un’azienda di punta a livello nazionale. Si occupa di ortofrutta, sia come produzione che per la commercializzazione. Opera in un’area di altissima produzione di clementine, albicocche, pesche, agrumi più in generale.
Ha sempre puntato sulla qualità e sulla valorizzazione dei frutti più tradizionali, ma con uno spirito di forte innovazione. Negli anni scorsi ha subito un duro colpo (di cui parleremo più avanti), ma ha saputo reagire e ripartire.
È lui stesso che ci racconta come è nata l’ortofrutticola Gallo: «Nasce nel 1983 da una necessità, figlia di una convinzione: in quegli anni eravamo convinti che il nostro prodotto non venisse valorizzato per quello che noi con tanto amore, riuscivamo a produrre. Così, appena diplomato ho costituito la società ortofrutticola Gallo con un magazzino in affitto di appena 300 metri, in contrada San Francesco di Corigliano».
Gallo già un anno dopo, era il 1984, apre il primo opificio di proprietà. La decisione dava l’idea di una grande azienda con i suoi 1000 metri quadrati. «Nell’evoluzione capii che il prodotto lo avrei dovuto vendere principalmente all'estero. E così fu che già all'età di 21 anni le nostre clementine, ma soprattutto le arance, varcavano i confini nazionali e venivano esportati principalmente in Germania, a Monaco di Baviera e nella zona di Francoforte».
Nel 1986 dal mercato tedesco, apparso subito troppo grande, l’Ortofrutta Gallo si rivolge al mercato danese, dove le clementine erano molto apprezzate per le loro caratteristiche organolettiche, completamente diverse da quelle offerte dalla concorrenza spagnola.
Ma nel 1987 nella piana di Sibari ci fu una grande gelata. E da qui l’abbandono dei mercati internazionali per restringere il campo al solo mercato nazionale. «In quegli anni e fino agli anni '90, il mercato era gestito per lo più attraverso compratori che si recavano in campagna, determinavano un prezzo e poi il prodotto veniva venduto nella speculazione e sui mercati generali. Negli anni '90 cominciò ad affacciarsi in maniera forte la grande distribuzione, quindi gli ipermercati che avevano delle esigenze sia logistiche sia di standardizzazione del prodotto diverse dai fruttivendoli del commercio al minuto».
Così il giovane Natalino per affrontare le esigenze di un mercato sempre più grande e complicato e per vincere la sfida indotta dallo sviluppo della grande distribuzione, capisce che era indispensabile associare in cooperativa i tanti produttori che in quegli anni fornivano la sua azienda.
C’è da dire che negli anni '90 in Calabria parlare di cooperativa era una eresia. «Ma noi ce la mettemmo tutta, nella consapevolezza che quella fosse la risposta giusta ai cambiamenti del mercato». Lavorare con la grande distribuzione è stata una sfida importante. «Sì, ci ha permesso di confrontarci con disciplinari molto strutturati che sebbene finalizzati a ottenere prodotti di qualità, prefigurano know how per la gestione degli spazi di lavoro e per la gestione del personale. Questo per l’azienda si è tradotto in un valore aggiunto permettendoci di pervenire a livelli di gestione alti, frutto di una progettazione e organizzazione pensata e strutturata»
Anche per questi presupposti e in questo contesto nasce la Gallo Verde, una cooperativa che man mano è cresciuta innescando la necessità dell’ampliamento della struttura che oggi ha raggiunto gli 8000 metri quadrati, con tre linee di lavorazione.
«La nostra azienda ha raggiunto un grado di automazione che ha chiaramente migliorato i nostri livelli , garantendo alla grande distribuzione un prodotto aderente alle esigenze del consumatore. Questo ci ha permesso di diffondere e moltiplicare il nome delle clementine di Calabria nella vasta platea dei consumatori della grande distribuzione».
L’azienda di Gallo ha lavorato molto anche per il marchio IGP di clementine di Calabria, è diventata la prima come confezionatori in IGP, la cooperativa che poi si è trasformata in OP, un'organizzazione di produttori che oggi conta 84 soci, commercializzando circa 220.000 quintali di prodotto, dagli agrumi al melograno e alle albicocche.
L'azienda è cresciuta non solo nei volumi ma anche nella formazione del personale che oggi rappresenta davvero un bisogno urgente per ogni azienda. «Stiamo cercando di avere contatti con gli istituti agrari, con gli istituti tecnici ed elettronici, perché oggi un'azienda come la nostra OP può ancora poter crescere se avrà collaboratori, formati e quindi tutti i nostri sforzi sono nella formazione dei dipendenti».
La fuga dei giovani dalla Calabria sta avendo conseguenze gravi per le imprese. «Auspichiamo che i giovani si fermino nella nostra bella Calabria perché c'è tanto ma tanto lavoro. Oggi l’agricoltura ha raggiunto livelli di imprenditorialità apprezzabili e rappresenta davvero un terreno privilegiato per i giovani che hanno a cuore il lavoro e la cultura del lavoro».
L’importanza di avere i giovani in azienda è fondamentale. Così come avere personale qualificato. «L’esigenza di avere tecnici, agronomi, quadri aziendali specializzati risponde oramai ad una logica che non è più legata all’idea di un’agricoltura arretrata e quindi legata anche a pregiudizi culturali ma aperta e capace di dialogare a pari livello di altri settori con l’economia, la finanza , l’elettronica ecc».
Alcuni anni fa un drammatico incendio ha distrutto l’azienda Gallo. Sembrava tutto finito. «Quella notte venni chiamato, scesi e trovai che lo stabilimento era tutto tutto a fuoco , c'erano già i pompieri. In quel momento vedevo l'azienda, tutto il lavoro andava in fumo, ero demoralizzato e scoraggiato. Pensai di finire di lavorare. Non avevo più nemmeno la calcolatrice, non avevo più nessun altro interesse. Il primo turno iniziava alle cinque di mattina e quando verso le 04:30 cominciavano ad arrivare i dipendenti, li vedevo sinceramente piangere. Io non mi disperavo, loro invece erano disperati e lì ho capito che l'azienda non era solo mia, ma l'azienda era di tutti, di persone, di dipendenti, di collaboratori che erano più legati di me all'azienda. E in quei 5 minuti ho capito che dovevamo ricostruire per ripartire. Più grandi più efficienti e più forti di prima».
E così poi è stato.