L’azienda nata nel 1999 è composta da un uliveto e un casale adibito ad agriturismo. Qui si coltiva la “pennulara”, un’oliva autoctona dalle grandi proprietà benefiche
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I giovani e l’agricoltura. Il futuro delle nostre imprese agricole è sempre più nelle nuove generazioni di imprenditori. Siamo in una splendida area carica di storia, tradizioni, cultura che è il Vurdoy, nell’alto Crotonese, ai confini con la Sila Grande.
Qui vi sono tracce importanti della permanenza dei monaci basiliani, in aperto contrasto con i monaci di Gioacchino da Fiore.
Qui i giovani fratelli Marrazzo hanno deciso di continuare l’impresa avviata dai genitori. Un’eccellenza calabrese del settore agricolo e dell’agriturismo.
Giovanni e i fratelli oggi guidano l’azienda di famiglia. Innovando notevolmente.
«L’azienda nasce nel 1999 su iniziativa dei nostri genitori con l’acquisto di un terreno e un casale. Oggi l’azienda è composta di un uliveto di circa 30 ha a prevalenza cultivar, a regime biologico, e pou seminativi per circa 15 ha. Parte del casale oggi è stato restaurato ed è adibito ad attività agrituristica con diversi servizi aggiunti. Solo 10 anni fa abbiamo integrato un nuovo ramo d’azienda con la trasformazione delle olive nel proprio moderno frantoio oleario».
Giovanni e i suoi fratelli avrebbero potuto partire, come purtroppo fanno in tanti.
«Diciamo che se si nasce già all’interno di questa realtà, viene naturale approcciarsi al mondo agricolo. A noi piace molto questo lavoro. Non si tratta di una questione legata al contatto con la natura, ritengo che lavorare in campagna ti renda una persona più sveglia, perché devi saperne di agricoltura e di meccanica per gestire i tuoi macchinari, ma allo stesso tempo devi sapere quando è il momento di vendere il tuo prodotto, devi saper trattare con i tuoi fornitori, con i tuoi clienti. È un lavoro che ti forgia sotto molti aspetti. È una strada dura ma che può dare molte soddisfazioni. Avendo, ad esempio, vinto dei premi con il nostro olio questo ci motiva a andare avanti sempre di più».
Nell’azienda si coltiva la “pennulara”, cultivar autoctona, una specie dalle immense proprietà benefiche e, probabilmente, uniche in Italia per caratteristiche organolettiche. Per tanto tempo la cultivar era rimasta in ombra.
«Valorizzare, promuovere le qualità autoctone come la pennulara o nostrale di Caccuri è una missione di cui dovremmo farci carico noi imprenditori. Questa cultivar ha delle caratteristiche organolettiche e delle proprietà nutraceutiche rilevanti. Ha delle peculiarità che necessitano di essere raccontate al fine di promuovere il prodotto ma anche il territorio. Ed è curioso come le tracce della coltivazione della pennulara si ricollegano all’epoca bizantina quando i monaci dell’ordine Basiliani approdano in Calabria rifugiandosi nelle aree interne. Ne sono testimonianza gli antichi frantoi e gli insediamenti. Noi crediamo nella valorizzazione dell’identità territoriale di questa cultivar».
L’agricoltura in Calabria sta soffrendo moltissimo a causa di un clima impazzito.
«Quest’ultima annata ha registrato delle perdite di prodotto fino all’80% causate dal cambiamento climatico. Eccessi di calore e mancanza di pioggia mettono a dura prova le produzioni agricole. L’agricoltura è sempre stata sentinella del benessere ambientale e per questo continueremo a proteggere e rispettare l’ambiente in cui viviamo».
E poi si soffre molto anche per la mancanza di manodopera.
«Purtroppo il lavoro in agricoltura è stagionale e discontinuo. Si lavora qualche settimana o pochi mesi. Certamente questa poca stabilità non incentiva le persone a entrare in questo settore».
Il futuro dell’agricoltura calabrese in un’epoca in cui tutto sembra più difficile.
«Oggi è in forte crescita l’agroalimentare calabrese. Grazie alle attente attività di promozione che il governo regionale sta promuovendo in Europa. Auspichiamo che questa attenzione verso i prodotti agricoli rimanga per dare il giusto riconoscimento alle eccellenze calabresi.»