L’assemblea nazionale del Pd è terminata all’insegna della parola d’ordine zingarettiana: «Cambiare tutto». Una speranza auspicabile, soprattutto, alle latitudini calabresi. E nella direzione nazionale del Pd, effettivamente, qualcosa è cambiato per i calabresi, almeno in termini di equilibri, piuttosto che nei nomi. L’area Zingaretti calabrese era costituita da oliveriani, guccioniani e franceschiniani. Il criterio adottato è stato quello di indicarne uno per area, in questo modo sono stati indicati Enza Bruno Bossio, per l’area del governatore, Carlo Guccione per l’area Guccione/Censore e Domenico Bevacqua per l’area Laratta/Franceschini. L’area Martina, invece, ha indicato Nicola Irto.


Ernesto Magorno ha seguito l’esempio di Luca Lotti, il quale ha preferito rinunciare per dare spazio ad esponenti della sua area. Il tutto ovviamente al netto dei membri di diritto Giuseppe Falcomatà, sindaco di città metropolitana, Mario Oliverio, presidente della Regione, e Marco Minniti. Sul campo è stato sacrificato un nome illustre del cerchio magico del governatore della Calabria, il capogruppo in consiglio regionale del Pd, Sebi Romeo. Quasi un’umiliazione, considerato che in direzione entrano Mimmo Bevacqua, consigliere regionale di fede franceschiniana, e Nicola Irto, presidente del Consiglio regionale, in conto Martina. Tempi duri per gli oliveriani. Tempi duri per coloro che di fatto hanno in pugno il governo della Regione.


Eccezion fatta per gli equilibri partitici venuti fuori dalle primarie, sul piano dei nomi, invece, niente di nuovo sotto il sole. «Cambiare tutto», ha affermato Nicola Zingaretti dal palco dell’assemblea nazionale, a leggere i nomi, tuttavia, sembra che non sia cambiato proprio niente. Fatto salvo per Anna Pittelli, entrata tra i membri di nomina del segretario e, comunque, nome non nuovo e pienamente inserito nell’establishment oliveriano, considerato che fa parte della struttura della presidenza, nonché fidanzata del segretario Provinciale del Pd di Cosenza, Luigi Guglielmelli. Forse una piccola concessione all’entourage di Mario Oliverio, decimato, a quanto sembra dall’intransigenza del segretario nazionale, il quale di nomina politica non si è schiodato dal criterio di uno per area.


Prendere o lasciare. E Oliverio e Adamo hanno preferito prendere, almeno, la postazione della Bruno Bossio, la quale continua a conservare il posto in direzione nazionale, seppur in rappresentanza di casacche interne diverse ad ogni appuntamento congressuale. La Bruno Bossio entra in direzione la prima volta dieci anni fa, dopo aver tradito l’area bersaniana per quella di Franceschini. In compenso, il democristianissimo Fioroni la ripaga con un posto in direzione nazionale. Da quel momento, per la Bruno Bossio le aree interne del Pd sono state come un tram, oscillando da destra a sinistra come i dondoli venduti in fiera e riuscendo così a conservare il posto in direzione e guadagnando due legislature parlamentari.


Regista delle piroette politiche, l’eminenza grigia di sempre, Nicola Adamo, abilissimo nel tessere trame interne al Pd. E Adamo si è aggirato a lungo nelle sagrestie dell’hotel Ergife nella speranza di portare a casa un risultato dignitoso, solo che stavolta gli è andata male, sul terreno ha dovuto lasciare vittime illustri, come quella del capogruppo Pd, alla fine si accontentato di portare a casa la postazione della consorte. Più che un’eminenza grigia, quella di Adamo sembrava il profilo di un fantasma.


Pablo