È sempre affascinante scoprire come nasce un’idea. Di più, come nasce un’idea di successo. Ancora: un’idea da qualche miliardo di dollari di fatturato. Chi è il fondatore di un impero del genere, o meglio, chi era, com’è diventato potente e ricco, perché? Fortuna, destino, intelligenza superiore, pazzia? Cosa si muove dietro le quinte di un successo predestinato quando ancora è di là da venire?

Di opere filmiche sulle elefantiache aziende che dominano il mercato internazionale, ce ne sono molte. Basti pensare a “The founder”, un bel film di John Lee Hanckock con Michael Keaton, sulle origini del Mac Donald’s, o a “The social network” di David Fincher alle prese con la controversa storia di Mark Zuckerberg, padre di Facebook. Grandi imprese per grandi idee anche semplicissime ma necessarie. Come nel caso rappresentato in “Flash of Genius” (per la regia di Marc Abraham) che ci fa scoprire Robert Kearns, docente universitario, inventore dei tergicristalli a intermittenza e della sua battaglia legale contro la Ford che tentò di rubargli il brevetto. La lista è lunga e i film, perlopiù, tutti gradevoli (e molto romanzati, ma tant’è). In “Joy” Jennifer Laurence è Joy Mangano, madre single e squattrinata e poi “nostra signora del mocio”, santa patrona di ogni casalinga e oggi imprenditrice milionaria, capitolo a parte meritano gliSu Netlic adattamenti su mister Steve "stay hungry, stay foolish" Jobs.

Ultimo arrivato, nella categoria del business biopic, è “The playlist” (su Netflix) una sorprendente serie svedese che svela le origini di “Spotify”, la più celebre piattaforma di musica in streaming. In sei puntate la storia viene frammentata per punti di vista partendo dai tumulti che, nel 2006, infiammarono il mondo alle prese con la battaglia legale (e globale) contro Pirate Bay, un sito che (qualcuno lo ricorderà) aggirando tutte le leggi sul copyright e lo sfruttamento dei diritti musicali, permetteva di scaricare musica gratuitamente.

I tempi delle due note del modem 56K

Era il momento dell’aumento dei prezzi dei dischi, l’industria delle major spingeva per inasprire le pene contro i pirati del web sperando di soffocare l’onda corsara dei webnauti. Napster, fu tra i primi a spezzare la catena del monopolio (seguirono il "mulo" Emule e ancor prima Torrent), grazie a una skin intuitiva permetteva download di brani attingendo dalle librerie degli utenti (sistema peer-to-peer). E come dimenticare l’attesa mentre la barra si colorava di verde e la rabbia quando quell’utente, da cui si attingeva, interrompeva la connessione lasciando la canzone a metà. L’Adsl non esisteva, i modem suonavano quelle due note che segnavano l’allaccio alla rete, e la massima velocità arrivava ai 56k che sembrava chissà che. Poi nel 2001 Shawn Fanning e Sean Parker e si convinsero a vendere la loro idea a Roxio che legalizzò il servizio segnando, di fatto, la fine ingloriosa di Napster.

“The playlist” è ispirato al libro Spotify Untold scritto da Sven Carlsson e Jonas Leijonhufvud ed è diretta da Per-Olav Sørensen che tira fuori dal cilindro una bella soluzione narrativa che va oltre un semplice biopic lineare ma gioca (anche graficamente) con la trama dei destini che hanno incrociato Daniel Ek, giovanissimo nerd svedese, passato alla storia come l’ideatore di Spotify.

Dal sobborgo di Stoccolma al successo

Ma è dal passato che arriva la parte migliore di questa storia. Siamo nel 2004 a Ragsved, un sobborgo di Stoccolma. Daniel è un ventenne come tanti ma come pochi conosce il linguaggio della programmazione informatica. Soprattutto riesce a capire i bisogni e a trasformarli in idea. Così avviene la nascita di Advertigo, una società di marketing online. Advertigo viene acquisita per 10 milioni di dollari dalla società Tradedoubler. Ma sono spiccioli. La grande fortuna di Ek è di aver stretto la mano a uno dei soci, Martin Lorentzon. È a lui che Ek propone l’idea con cui va a dormire ogni sera: musica per tutti, musica gratis. Il modello a cui fa riferimento è Napster e quando capisce che non è sperperando il suo bel gruzzolo in macchine e donne che riuscirà a sentirsi meglio, propone a Lorentzon di provarci davvero, di investire in una cosa nuova e rivoluzionaria: Spotify. 

La serie non è la mera celebrazione di un uomo di successo, il cui patrimonio oggi è stimato in 5.2 miliardi di dollari, e non è tenera con un business che, in fin dei conti, ha finito per rendere le etichette discografiche ancora più ricche e gli artisti (escluse le grandi stelle) ancora più poveri. “The playlist” è da guardare, da capire, soprattutto da godere e in qualche modo arricchisce perché in un mondo fatto di invenzioni che hanno mostruosamente arricchito giovani che, fino al giorno prima, lavoravano in un garage, a tutti noi capita di svegliarsi con un’idea pensando: potrebbe essere il nuovo Ebay, il nuovo Instagram, il nuovo Spotify. Ma quello che fa la differenza tra noi e loro, quelli che ce la fanno, non è solo la bontà di un'intuizione ma una straordinaria, folle, irrazionale, disumana lungimiranza nel realizzarla. Prima di pensare: posso farcela? Bisognerebbe chiedersi: sono disposto a perdere tutto?