Dove sia finito il vecchio Tim Burton non è chiaro. L'autore che si ispirava alle avanguardie tedesche e soffriva, da giovane animatore disneyano, a tratteggiare animaletti felici, ha rinunciato alle sue tradizionali splendide feste di morte e a un banchetto di radici ossute, per pasteggiare nel salotto buono a tagliata e Cabernet. Della sua splendida aura scura niente resta, se non tristi omaggi a se stesso, nell’ultimo lavoro che porta la sua firma e la griffe rossa e nera di Netflix.

Beetlejuice, Edward, Emily, il diabolico barbiere di Fleet Street, sono nomi su lapidi corrose dal tempo e dai troppi remake. Dal poco convincente "Dumbo", passando per l'inutile ritorno nella fabbrica Wonka, Burton da un po' ha perso la bussola, prigioniero delle logiche del merchandise.

La sua “Mercoledì”, serie per teen ager ispirata al personaggio creato da Charles Addams, è una versione edulcorata di un personaggio inedulcorabile. Un caffè nero corretto alla melassa. Uno scempio per chi la conoscenza della famiglia mostruosa l’ha fatta in bianco e nero schioccando le dita.

Il regista, un tempo visionario, eretico, re dei reietti e delle atmosfere contorte, del ghirigoro nebbioso, degli emarginati pallidi in volto e sbattuti ai margini del mondo “normale”, si è piegato al freddo calcolo delle piattaforme rilasciando un prodotto che potesse essere fagocitato, citato, abusato facilmente, dalla generazione Tik Tok. Delle otto puntate, disponibili su Netflix, create ad hoc da un algoritmo che ne ha dettato lo script (e questo sì è mostruoso), ne dirige quasi la metà e di malavoglia. Forse odiando se stesso e rimpiangendo il sè originario che sperava, un ventennio fa, di fare degli Addams uno di quei cimeli dell'animazione stop motion che tanto gli venivano bene. Fa comodo credere che il Burton della maturità faccia incubi ogni notte ripensando a questa ultima creatura plastificata, perché non è facile assistere al tramonto di un autore splendidamente gotico per chi si è innamorato, da adolescente, delle sue paure diventate quelle di una generazione che amava gli anfibi e Winona Rider con la stessa intensità.

Già sui social pullulano outfit e make up ispirati alla nuova “Mercoledì”: la negletta è diventata modello à la page (che orrore) per le giovanissime e popolare come una cheer leader (un delitto). Solo un esorcismo potrebbe salvarla a questo punto perché neppure Christina Ricci (lei sì che con le trecce e le occhiaie sapeva tagliare la testa a una bambola) c'è riuscita, risultando complice di questa farsa seriale a cui ha partecipato senza battere ciglio.

Nella serie, Mercoledì piange, ha paura, bacia e abbraccia. Meglio avrebbero fatto a ribattezzarla Domenica, al massimo Sabato. Ma il mercato questo chiede e questo pretende, che si rinneghi qualunque mito pur di adattarlo ai database dei gusti adolescenziali del momento. È questo l’atto più empio di una operazione commerciale che toglierà per sempre ai giovanissimi il piacere di fare la conoscenza degli Addams come si deve: aver trasformato i mostri in divi, i ripudiati in testimonial.

Burton racconta di una Mercoledì adolescente alle prese con misteriosi omicidi. Vagano intorno alle sue labbra truccate con il gloss, arie da Harry Potter miscelate a sfiati da Enola Holmes. La morte smette l’abito del grottesco, rapinando il personaggio della manta d’ironia sottile e geniale che le era stata data in dono alla nascita. La serie è piaciuta tanto anche ai bambini e probabilmente tornerà con una seconda stagione in cui Morticia, interpretata da una Catherine Zeta-Jones con un abuso di fondotinta sul volto, avrà più spazio insieme al marito Gomez, reso un mostricciatolo senza charme e senza fiore in bocca. Altri i tempi di Carolyn Jones e Angelica Houston. Con "Mercoledì" Burton è riuscito a organizzare il funerale agli Addams che meritavano una tumulazione con tutti gli onori ma non certo la cremazione.