Il 12 agosto del 2000 uno dei gioiellini della Flotta sovietica affondò a causa di due esplosioni con 118 membri dell’equipaggio. Dal libro inchiesta di Robert Moore l’opera del regista del film cult “Festen”
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«Ore 13:15. Tutto il personale dai compartimenti sei, sette e otto è stato spostato nel nono. Qui siamo in 23. Abbiamo preso questa decisione in seguito all’incidente. Nessuno di noi può uscire.»
È il 12 agosto del 2000. Mare di Barens. Il sottomarino nucleare K-141, il Kursk, si è immerso ed è pronto a una esercitazione militare. Nella sua pancia riposano dei siluri senza carica esplosiva. L’ordine è di lanciarli contro un incrociatore nucleare, classe Kirov, chiamato Pjotr Velikij (Pietro il Grande), forse per testarne la gittata, forse per puntare a un altro obiettivo, forse per colpire un nemico. Ma niente andò come doveva andare. Niente.
Alle undici e trenta del mattino, due esplosioni tranciarono la bestia di ferro di 150 metri di lunghezza per 10mila tonnellate. L’inaffondabile Kursk, gioiellino della gloriosa Flotta del Nord, affondò a 108 metri di profondità, a Est della penisola dei Pescatori, andando a riposare negli abissi del gelido mare che, a Nord, bacia l’Oceano Artico. La Russia lasciò a morire i suoi uomini con crudele lentezza. Per due giorni nessun mezzo di soccorso salpò per dare aiuto ai superstiti. Quando Putin, che in quel momento si trovava in villeggiatura a Sochi, accettò l’aiuto di britannici e norvegesi, forse perché la notizia ormai aveva fatto il giro del mondo, era già tardi. Il motivo di questo ritardo è ancora avvolto dal mistero. L'ossessione della segretezza o la paura che venisse svelato il vero obiettivo di quella manovra, spinse il presidente russo a temporeggiare, anche se farlo significava condannare a una fine terribile un centinaio di persone innocenti.
Il film di Vinterberg
La storia del Kursk, gli atti di eroismo e disperata sopravvivenza, la corsa contro il tempo e l’angoscia delle famiglie dei marinai intrappolati in quella gabbia sotto il mare, divennero un film, “The Command”, in Italia conosciuto semplicemente come “Kursk”, per la regia di Thomas Vinterberg, talentuosissimo autore danese che ha diretto film preziosi come il cult “Festen” (figlio del leggendario Dogma95), e poi anche “Il sospetto”, “Un altro giro” (Oscar nel 2021 come miglior film straniero).
La pellicola, da poco in programmazione su Sky Cinema, si basa sul libro “A Time to Die” di Robert Moore, e vede la mano dell'abile sceneggiatore Robert Rodat (“Salvate il soldato Ryan”). Il film, che vede nel cast Colin Firth, Matthias Schoenaerts (che abbiamo visto di recente nella miniserie "The Regime"), Léa Seydoux e Max Von Sydow, dopo il debutto nel 2018 e un breve passaggio nelle sale italiane solo nel 2023 (grazie alla casa di distribuzione Movies Inspired), finalmente adesso è approdato anche sul piccolo schermo. È un'opera con tanti occhi. Vediamo la forza della disperazione dei superstiti, avvolti nel buio e nel freddo polare, che lottano per restare in vita. Storditi, avvolti nell'oscurità, seguirono il percorso fino alla nona sezione che portava al boccaporto, unica possibile via di salvezza, mentre l'ossigeno si esauriva e la lucidità faceva posto alla follia. Vediamo anche l'attesa delle famiglie, delle mogli, dei bambini, appesi alle scarne notizie che arrivavano dai canali ufficiali russi. Vediamo, infine, fronteggiarsi Colin Firth (Commodoro David Russell) e il mitologico Max Von Sydow (Vladimir Petrenko) ognuno su fronti diversi, impegnati a tener fede ai propri dettami morali.
I biglietti di addio
Il Kursk conobbe il mare nel 1995, assegnato alla base di Severomorsk, conobbe la sua morte cinque anni più tardi strappando le vite di giovanissimi marinai che nelle ultime ore lasciarono biglietti per le loro famiglie. Come quello di Dimitri, un ufficiale, che usò gli ultimi bagliori di una luce interna per scrivere il suo ultimo messaggio. «Ore 15.45. Qui è troppo buio per scrivere, ma ci proverò a tentoni. A quanto pare non ci sono possibilità di salvarsi. Forse solo dal 10 al 20 per cento. Speriamo che almeno qualcuno leggerà queste parole. Qui ci sono gli elenchi degli effettivi che adesso si trovano nella nona sezione e tenteranno di uscire. Saluto tutti, non dovete disperarvi».
La celebre battaglia dei tank a Kursk
Il nome del sottomarino, Kursk, rimandava alla città teatro della più imponente battaglia di carri armati della storia, il 5 luglio del 1943. Germania contro Russia. Hitler contro Stalin. Settecento tank sono schierati sui due fronti. I generali Nikolaij Vatutin e Konstantin Rokossovskij guidano i sovietici alla vittoria. Se la città di Kursk si rivelò una trappola per i tedeschi, anni dopo divenne una gabbia mortale per i suoi stessi giovani russi.