Ex marinaio e autore di storie che hanno anticipato avvenimenti futuri, quello dell'autore americano è uno di quei casi in cui la fantasia riesce ad scavalcare la realtà oppure...
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Sulla tragedia del Titan, il battiscafo imploso dopo essersi immerso con cinque persone a bordo, sappiamo tutto, abbiamo visto tutto e vissuto tutto in diretta. Il pubblico ha intasato per tre giorni i siti di monitoraggio navale, conosciamo la differenza tra una copertura al titanio e una al carbonio e sulla capacità dei droni sottomarini di arrivare fino a 6mila metri. Ieri si parlava di clima, l'altro ieri di politica estera, oggi non ne abbiamo abbastanza di implosioni e pressurizzazione. Mentre il mondo contava le ore d’aria rimaste nell’abitacolo che, probabilmente, è imploso quasi subito, il film “Titanic” diventava tra i più visti nelle piattaforme tv, e anche un videogioco, collegato a un sommergibile, ha avuto un’impennata nei download.
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Il Titan, oltre a dimostrare che senza scarponi non si scala l’Everest e nemmeno Montescuro, ha alimentato la curiosità legata alla conoscenza di un pianeta (il nostro) di cui sappiamo davvero molto poco. Oggi parliamo di laccio molto particolare tra letteratura, tempo, storia e visioni.Ecco la storia di Morgan Robertson.
Chi era lo scrittore "viaggiatore del tempo"
Probabilmente molti di voi non l’avranno mai sentito nominare. Qualcuno lo ha chiamato il “viaggiatore”. Robertson, figlio di un capitano di navi, a quindici anni lasciò casa e si arruolò in marina. Rimase sulle navi per quasi un ventennio e poi, intorno ai trentaquattro anni, decise di rimettere piede a terra per sempre. Si trovò un impiego in una gioielleria dove incastonava diamanti e lì rimase per un po’. Era un lavoro noioso e ripetitivo, e per sfuggire alla routine, a sera, Robertson si concedeva qualche ora alla macchina da scrivere.
L'affondamento del Titanic 14 anni prima dell'iceberg
Nel 1898 (attenzione alle date) pubblica il suo romanzo “Futility”. Il titolo originale non dà indizi, ma in seguito – e in particolare dopo il 1912 - venne cambiato ne “Il naufragio del Titan” (dice niente ora?). E di cosa parla questo romanzo? Del naufragio, in aprile, di un transatlantico chiamato Titan (proprio così), affondato, dopo lo scontro con un iceberg nell’Oceano Atlantico. Quattordici anni dopo accadde per davvero. Il Titanic toccò gli abissi freddi a largo di Terranova, il 15 aprile nel 1912.
Il papà del periscopio
Nel 1905 Robertson scrive un’altra storia dal titolo “Submarine Destroyer” in cui a un certo punto un marinario guarda dentro uno strumento per spiare in superficie. Il periscopio non esisteva prima di quelle pagine, in pratica lo inventò lui. Sfortunatamente per Robertson, altri lo brevettarono (incassandone i benefici) anche se la gloria dell’intuizione restò in capo allo scrittore di Oswego.
Fin qui diciamo che abbiamo una coincidenza (forte, ammettiamolo) e un paio di furboni che hanno approfittato di una buona idea altrui, frutto di una discreta inventiva e di una ottima conoscenza della materia navale.
Pearl Harbor e la bomba
Nel 1914, Robertson dà alle stampe “Beyond the Spectrum” su una guerra tra gli Usa e il Giappone. Nel racconto tutto ha inizio con un attacco militare a sorpresa, nel mese di dicembre, contro le Hawaii (qualcuno ha pensato a Pearl Harbor?) In battaglia (stiamo sempre parlando del racconto) vengono usate armi “ultraviolette” molto potenti (diamine se qui non manca il fiato) che accecano i marinai e bruciano la loro pelle.
Perché "Laguna Blu" e "Tarzan" sono legati a lui
Non è finita. Robertson non fu solo un precog ma anche un ispiratore. Nel 1898 sull’American Sunday Monthly Magazine compare un suo racconto dal titolo “Primordiale”. E di cosa racconta? Due bambini abbandonati su un’isola deserta crescono insieme e si innamorano. Vi ricorda qualcosa che inizia con Laguna e finisce con Blu? E pare che Edgar Rice Burroughs, leggendo questo racconto, abbia avuto l’idea di un uomo della giungla (Tarzan, you know?).
La morte nell'hotel
Vorrete sapere com’è finita con mister Robertson. Non bene. In vita ebbe poche soddisfazioni letterarie e finì cadavere in una stanza d’albergo ad Atlantic City. Pare che facesse uso (e abuso) di una sostanza chiamata paraldeide, un sedativo con effetti ipnotici. Qualcuno una volta gli chiese come facesse a vedere il futuro. E così lui rispose.
«Ho semplicemente cercato di scrivere una buona storia senza aver mai voluto essere un profeta. Ma, come in altri miei racconti, e nel lavoro di altri e migliori scrittori, le scoperte e gli eventi futuri sono stati anticipati. Non dubito che sia perché tutti i creativi entrano in una condizione ipnoide, telepatica e percettiva, in cui, sebbene apparentemente svegli, sono mezzo addormentati e attingono anche al regno subliminale di fatti sconosciuti. Alcuni, credono che in questo regno non esista qualcosa come il Tempo, e il fatto che un lungo sogno possa verificarsi in un istante di tempo gli dà colore, e in parte spiega la profezia».Forse in parte la spiega. Ma solo in parte.