L’anno scorso la pellicola con Dan Aykroyd, Harold Ramis e Bill Murray ha compiuto quarant’anni e la piattaforma ha fatto annunciato una trasposizione animata che avrà la regia di Kris Pearn
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Solo qualche mese fa il mondo del cinema e dei fan – soprattutto i nostalgici degli anni 90 – hanno celebrato le quaranta primavere del film cult Ghostbusters, adesso Netflix sta lavorando insieme a Sony, non all’ennesimo reboot o prequel, ma a una serie animata, diretta dal Kris Pearn di “Piovono polpette”, dedicata ai cacciatori di ectoplasmi più famosi della Settima Arte.
La pellicola di Ivan Reitman è una di quelle opere che attraversano i decenni senza invecchiare di un giorno. E pensare che tutto nacque nella mente di un bambino che credeva ai fantasmi.
Facciamo un passo indietro.
Dan Aykroyd ha sempre creduto agli spettri. Suo nonno e il suo bisnonno erano soliti consultare medium per mettersi in contatto con l’aldilà. In casa Aykroyd lo spiritismo era una pratica consueta, come mangiare lasagne la domenica.
Danny buttò giù una storia su un gruppo chiamato Ghostsmashers, una squadra di cacciatori di fantasmi, ambientata in un futuro dove catturare presenze era normale come spegnere un incendio o curare un cane.
Nel 1981, quell’idea diventò un soggetto. Un giorno, attovagliati all’Art’s Delicatessen di Los Angeles, Dan Aykroyd e Ivan Reitman ne parlarono davanti a un drink. La conversazione a due divenne una conversazione a tre quando negli studi di Burbank, si unì alla compagnia Harold Ramis, sceneggiatore e attore (avrebbe poi indossato i panni di Egon Spengler).
La Columbia si interessò alla produzione e nel buen ritiro di Martha’s Vineyard, Aykroyd e Ramis si chiusero per rifinire la sceneggiatura. La deadline da rispettare era rigorosissima: un anno doveva bastare a completare tutto. Non proprio un gioco da ragazzi. Forse un gioco per Acchiappafantasmi.
Dan Aykroyd chiamò per la parte di Venkman il suo amico John Belushi, con cui era andato in missione per conto di Dio in The Blues Borthers, e per la parte di Winston fece contattare Eddie Murphy, con cui pochissimo tempo prima aveva fatto coppia in Una poltrona per due. Egon Spengler, invece, avrebbe avuto il volto del grande John Candy. Tutto sembrava filare liscio come l’olio fino a una maledetta sera di marzo. Una dose fatale di eroina stroncò il cuore di John Belushi. Fu uno shock a Hollywood e un grande dolore per Dan Aykroyd. Ma, come si dice, lo spettacolo deve continuare.
Al posto di Belushi si pensò subito a Steve Guttenberg, che rifiutò perché più interessato a Scuola di Polizia, e così spuntò fuori il nome di Bill Murray che si guadagnò un Venkman nuovo di zecca, riscritto apposta per lui. Eddie Murphy, dopo un breve tira e molla, dovette declinare l’invito, perché aveva già firmato per la parte di Axel Foley di Beverly Hills Cop e il contratto era a prova di bomba. Al suo posto entrò in partita Ernie Hudson che si dovette accontentare di una parte rimaneggiata e ridimensionata. Candy non convinse Reitman che un giorno guardò Ramis negli occhi e gli disse: «La parte è tua». Tutto risolto? Nemmeno per sogno.
In quel periodo tutti gli studi di Vfx erano impegnati tra Indiana Jones e Star Wars. Un bel grattacapo perché no effetti speciali, no film. L’unica soluzione fu quella di convincere la Columbia a tirare fuori 5 milioni di dollari e regalare al maestro Robert Edlund una nuova società di special effectsche avrebbe avuto come primo e unico cliente gli Acchiappafantasmi. E così fu.
L’ultimo intoppo fu la musica. Ray Parker Jr., esordì come una bomba entrando al primo posto in classifica nel maggio 1984 con il brano “Ghostbusters”. Ma i festeggiamenti per il successo furono interrotti dall’accusa mossa da Huey Lewis, che accusò Parker di aver plagiato un suo brano del 1983 abbozzato proprio per Ghostbusters, progetto che poi aveva accantonato per dedicarsi alla colonna sonora di Ritorno al Futuro.
L’effetto nostalgia dell’ultimo decennio ha portato poi a vari reboot, molti dimenticabili. In Ghostbusters The legacy, il figlio di Ivan Reitman, Jason, ha reso omaggio allo scomparso Harold Ramis, rendendolo un vero fantasma. Un esempio di quando la realtà irrompe nella fantasia.