No, il potere temporale della Chiesa non è un concetto passato. Non è una di quelle cose da accantonare per sempre come gli schemi delle precedenze di scuola guida. Il potere temporale della Chiesa esiste e lotta insieme a noi e a Fedez.

Rispolveriamo il libro delle medie

Non è come la storia delle coltivazioni di zucchero di canna (su cui si regge l’economia del globo terracqueo), delle coste frastagliate, delle foci a Delta o a Estuario, del settore primario basato sull’agricoltura (il terziario neanche era nel sommario del compendio), del significato di Mesopotamia (“tra due fiumi”), dell’assassinio dell’Arciduca (“la goccia che fece traboccare il vaso…”), del clima temperato, della tundra e della taiga (nessuno ha mai capito dove diamine si trovino, forse tra una coltivazione di barbabietola e l’altra), di Greenwich, della flora, la fauna e la Santa Maria.

Il potere temporale religioso non è teoria passata, è pratica e non solo spirituale. In tutto questo tempo se n’è rimasto buono buono tra il basso e l’alto Medioevo ad aspettare il momento giusto per spuntare fuori e dire: dove credi di andare ragazzo? Inginocchiati, recita sette Ave Maria, tutte le donazioni di Liutprando e Pipino e ricordati che sotto questo tetto comando io. Ed è un tetto enorme.

Dove sta Zàn-Zàn

Dopo decenni e decenni di sonno sotto le volte a crociera e a botte, spolverati i velluti rossi con i roll adesivi, consumate le scorte di incenso dei cinesi, chiamato l’appello delle indulgenze subappaltate per il Purgatorio con gli interessi, la Santa romana Chiesa ha capito che bisognava dare il classico colpo di grazia (in senso lato, molto lato) a questo popolo sperduto come un branco di pecore in mezzo ai lupi.

Ma non c’è da sorprendersi, in questo anno che dura da due, gli uomini non riescono più trovare la dritta via smarrita, tanto hanno camminato in una selva oscura fatta di pigiami sotto la giacca e bollette dell’elettricità raddoppiate dal selvaggio uso del forno.

Stracciato il sipario degli alleluja-alleluja-allelujà, i porporati sono usciti allo scoperto schierandosi contro il Ddl firmato da Alessandro Zan che è passato dalle orecchie che fischiano alla quasi scomunica papale.

Se vuoi fare una cosa fatta bene… falla da solo

A difendere i dettami del Cristianesimo ci ha provato Pillon giocandosi una collezione di papillon e bestemmie. La Chiesa l’ha congedato subito permettendogli di voltarsi, contare fino a dieci e mettersi a correre prima di lanciargli dietro i cani molecolari.

Niente da fare anche per il secondo crociato Matteo Salvini, in un primo momento in pole position per il suo feticismo verso i rosari. Questo prima che in diretta a Siderno si pulisse il sudore sulla faccia con il davanti della mascherina per poi rimettersela addosso e dio solo sa cosa ne ha fatto dopo.

Quindi la Chiesa ha fatto un passo in avanti sventolando il Concordato quasi fosse una cucchiaia di legno e ha detto la sua, come una madre che dice al figlio: «Io non sono d’accordo, poi fai come vuoi» che tradotto in altre parole: «Provaci e poi vedrai che ti succede».

Già l’Aquila d’Austria le penne ha perdute...

Intanto in Italia…
Risvegliandosi in un mattino qualunque di lockdown, con tre sconosciuti che chiedevano: «Papà, possiamo giocare alla Playstation di mattina se non c’è la dad?», l’umanità ha capito che serviva un obiettivo che non fosse il bonus vacanze o il cash back del 30 giugno. Ed ecco la risposta: i campionati europei di calcio. Anche qui il passato ritorna con prepotenza.

È forse un caso che sabato sera ci scontreremo con gli austriaci? Gli austriaci, che oggi hanno fatto del low profile uno stile di vita, gli austriaci che ora sono come la milza, il Molise, Domodossola quando non devi dettare il codice fiscale al telefono.

Chi sente parlare di Austria ormai? Esiste, c’è ancora? Eppure gli austriaci sono stati il popolo che per un tempo infinito ha avuto come unica ragione di vita quella di espandersi (ma per andare dove? A fare che?) occupando insieme a città e presidi anche un terzo del libro di storia volume 2 insieme a l’Ungheria la cui comunella ci è costata interrogazioni sanguinose con morti e feriti.

Ora che è tutto alle spalle e che l’Austria si è ritirata come un maglione di lana nella centrifuga a 700 giri, i due popoli saranno di nuovo uno di fronte all’altro su un campo di battaglia verde. Noi gli canteremo che siam pronti alla morte con un Inno ad alta componente anti-austriaca, tanto che è probabile che sabato, al posto del fischietto l’arbitro tirerà in aria uno schioppo di baionetta.

La Repubblica indipendente di Calabria

Continuiamo a parlare di passato che ritorna (ma mai uguale). In Calabria il presidentefacentefunzioni (così, tutto attaccato) ha detto, citando il Mussolini-Jekyll (quello di: ah, come si stava bene con le porte aperte) e andando leggero leggero sul Mussolini-Hyde dei pluromicidi di Stato (come a dire: e vabbè, le ragazzate in gioventù si fanno), che presentarsi alle elezioni per lui è una perdita di tempo. In fondo dove sta scritto che per comandare un territorio serva il consenso popolare? Ah, c’è scritto. Sempre in quel libro lì, di storia, volume 3 stavolta, alla voce: dittature del Novecento che, come in Jumanjii, rischia di risucchiarci dentro a un gioco tutt’altro che piacevole.

Tutti questi sono segnali, signori miei, segnali che devono mettere in guardia perché chi non impara dal passato o è un ladro o è una spia oppure semplicemente un pazzo senza l’abbonamento a Netflix.
E comunque uno sguardo, pure distratto, alla Germania glielo darei.