Se Nolan, ora al top del box office con Oppenheimer, è considerato il re degli intrecci ultradimensionali, altri autori in passato hanno giocato tra passato e futuro. Vediamo quali sono le pellicole più visionarie e dove trovarle
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Nolan al cinema con il suo Oppenheimer (leggi qui la recensione) sta benedicendo le casse dei botteghini mai così piene da anni. A fare da apripista, solo un mese prima, la “Barbie” di Greta Gerwich, con Margot Robbie, specchietto per le giovanissime allodole (i bambini) che si sono riversate in massa nelle sale con i genitori, ma per assistere a un film femminista e decisamente politico, non ultraleggero, a dispetto dei colori sorbetto delle scenografie. Ma oggi parliamo della relazione tra film e tempo, combo di cui Christopher Nolan, è maestro.
Il tema dei viaggi in altre epoche e dimensioni, è da sempre, materia preziosa per la Settima arte, che l’ha declinata in film drama o commedie (come Ricomincio da capo che avevamo raccontato qui), passando per il grottesco e il demenziale. Vediamo i film da vedere (o rivedere) per gli appassionati dei time trip e dove vederli.
Primer
È un film costato un pugno di noccioline (la fattura homemade è evidente). Appena 7mila dollari sono bastati all’allora esordiente Shane Carrut (matematico e ingegnere), per scrivere, dirigere, montare e comporre la colonna sonora di Primer, di cui è anche protagonista. La storia racconta di un gruppo di amici, tecnici imprenditoriali, che in un garage, usato per sperimentare reazioni che possano contrastare la gravità, inciampano nella scoperta accidentale di una reazione elettromagnetica che riduce la massa degli oggetti. Due di loro, Aaron e Abe, intuiscono che potrebbe esserci di più sotto a quell’effetto, e finiscono per costruire una macchina del tempo e due scatole per viaggiare tra passato e presente.
La linea degli eventi comincia a scricchiolare e gli amici, prima cauti e poi sempre più audaci, finiscono per cambiare ciò che è stato interferendo col futuro. Il film, nella sua parte tecnica, è complesso e affascinante e l’idea funziona benissimo. Ricordiamoci che l'opera è datata 2004 e, sebbene siano trascorsi 23 anni dall’uscita nei circuiti indipendenti (nel 2004 al Sundance ha agguantato il Gran Premio della Giuria), la storia costruita da Carrut non pare invecchiata (sarà forse per la questione dei viaggi nel tempo, chissà).
**Breve nota a margine. Il neo del film è che in Italia non esiste una versione doppiata e seguire l’intricata vicenda con i sottotitoli non è semplicissimo. Vale, però, la pena tentare. Lo trovate disponibile su Mubi.
Questione di tempo
Se avete voglia di una bella storia, un po’ surreale (ma senza esagerare), romantica ma depurata da smancerie, ecco un bel titolo. Il film è inglese, scritto e diretto da Richard Curtis è uscito in sala nel 2013. Nel film seguiamo le vicende di Tim Lake, un giovane nato tra i venti della Cornovaglia. Al compimento dei suoi ventuno anni, scopre da suo padre che per qualità genetica, può viaggiare nel tempo infilandosi nell’armadio di casa. Ed ecco tre buoni ragioni per vedere questo film. La prima: è scritto benissimo ed è girato con una mano delicata che non cede mai alla tentazione di accendere fuochi d’artificio. Insomma, vi cullerà in una gran bella storia. La seconda. Di fondo scorre una bellissima colonna sonora che si srotola sotto le note di “Spiegel im Spiegel” di Arvo Pärt che vi avvinghierà senza lasciarvi più andare. La terza: c’è Bill Nighy.
**Breve nota a margine. Si ride forte a tratti, si piange a latere, alla fine resta un velo di malinconia ma un buon sapore in bocca. Lo trovate su Amazon Prime Video.
Ritorno al futuro
La saga di “Ritorno al futuro” comincia nei primi anni Ottanta quando il giovane produttore Bob Gale chiamò l’amico Robert Zemeckis con l’idea di un certo almanacco in testa. Della partita fu anche Steven Spielberg. Ma gli Studios quelli no, non ne volevano sapere. Il trio non gettò la spugna. Spielberg imbucò la posta per Zemeckis, facendogli guadagnare la fiducia della major. La trilogia racconta le avventure, a spasso nel tempo, del giovane Marty e di Doc, spericolato inventore di un aggeggio che sfruttando la velocità l'elettricità e una vecchia DeLorean, cambia le carte sulla tavola del tempo (anche) a suon di rock.
L’avventura partì col primo ciak nel 1985. L’auto, i personaggi, le battute del film diventarono gadget di culto, pupazzi da collezione, tormentoni. Con 19 milioni di dollari (un budget quasi low cost per Hollywood) il film ne portò a casa 200 milioni e il secondo capitolo e il terzo furono praticamente un obbligo morale. L’intuito di Zemeckis e Spielberg non sbagliava. Anche allora erano anni luce più avanti di noi di quanto chiunque potesse immaginare, Doc compreso.
**Breve nota a margine. Di una improbabile quarta parte, i fan continuano a parlare tanto che qualcuno ha anche realizzato un trailer (fake) diventato di culto tra gli appassionati. Per un tuffo nostalgico, la trilogia (vera) potete vederla su Sky e su Amazon Prime.
Interstellar
Un padre fa una promessa a sua figlia Murphy. Le dice: «Tornerò». Su una Terra funestata da un disastro climatico irreversibile, un pugno di scienziati imbrigliati le righe di un'equazione sulla gravità, cerca la strada per portare l'umanità in salvo altrove. La soluzione è nel viaggio che tre uomini e una donna, compiono attraverso un wormhole, un cunicolo spazio-temporale, che gli permetterà di raggiungere tre pianeti, potenzialmente accoglienti per l’umanità. Nolan cuce un film clamoroso per l’intreccio, i dialoghi, la cura scientifica e la musica di Hans Zimmer che permea l’intera opera come fosse un concerto poderoso e ipnotico. Imperdibile. In programmazione su Netflix, Sky, Amazon Prime e Now Tv.
**Breve nota a margine. Prima che il film uscisse, Nolan, per questioni di riservatezza, distribuì le primissime copie con il titolo di “Flora’s letter”. Il regista aveva riservato lo stesso trattamento al Cavaliere oscuro che era diventato “Il primo bacio di Rory”, Inception anticipato come “Oliver’s Arrow”, Il Cavaliere Oscuro Il Ritorno come “Magnus Rex”. Tutti i film portavano come titolo temporaneo i nomi dei suoi figli. Flora venne stato scelto per un'opera in cui, oltre la fantascienza, è l’amore tra un padre e una figlia a smuovere le dimensioni e attraversare il tempo e lo spazio.
Terminator
Qui siamo dalle parti della leggenda pura. L’inossidabile Arnold Schwarzenegger consegna a James Cameron le chiavi del Tempo stipate nella sua mascella ciclopica, interpretando un cyborg col compito di viaggiare indietro nel tempo e uccidere Sarah Connor (la splendida Linda Hamilton) prima che partorisca un figlio destinato a salvare il mondo dal regime delle macchine. James Cameron girò nei primi anni 80, un periodo fertilissimo per le pellicole post-apocalittiche e distopiche che, come nel caso di Blade Runner (di Ridley Scott), attingevano da scritti di autori del passato. Cameron stesso ammise di essersi ispirato a opere tv degli anni Sessanta. Il regista vende sempre cara la pelle, è cosa risaputa, e pur di fare il film vendette per un dollaro (un dollaro) i diritti alla produttrice Gale Anne Hurd, che gli assicurò la direzione. E così fu.
**Breve nota a margine. Nella versione doppiata italiana, l’adattamento dei dialoghi portò a qualche mugugno. Per ragioni, ancora incomprensibili, la celebre frase che pronuncia Schwarzenegger (in inglese «I’ll be back») venne tradotta con «Aspetto fuori», che fece apparire il cyborg come un tizio molesto da bancone, abituato a importunare le signore. Il film è in programmazione su Amazon Prime.
L’esercito delle dodici scimmie
Terry Gilliam è sempre stato un regista anomalo, in bilico tra il grottesco, lo svagato e il pittoresco. È l’artista che commuove con “La leggenda del Re pescatore”, è il regista lisergico di “Paura e delirio a Las Vegas”, è l’onirico autore di Parnassus e il fiabesco raccontastorie scuro dei Grimm. Combina anche bei guai, come quando dichiarò di aver «perso» un film cancellato in modo azzardato da un hard disk. Ci piace anche per questo.
Il tema dei viaggi nel passato l’ha raccontato ab origine nel 1981 nell’avventuroso “I banditi del tempo” (primo atto della sua Trilogia dell’Immaginazione, seguito da “Brazil” e “Le avventure del Barione di Munchausen” forse il film che più di tutti lo rappresenta per sontuosità e immaginazione). “L’esercito delle dodici scimmie”, uscì nel 1995, e con un cast stellare resta oggi una delle pietre miliari del genere. Siamo nel 2035, Cole è un detenuto che riceve la possibilità di tornare in libertà a patto di viaggiare nel passato e debellare un virus che ha annientato la quasi totalità dell’umanità, costretta a vivere nel sottosuolo. Colpevoli della pandemia, sembrano essere i membri di una sedicente società, nota come Esercito delle dodici scimmie. In bilico su un filo sottile di follia e complottismo, sogni ed ecologia, Gilliam riesce sfornare un film arricchito da scenografie che celebrano a dovere il suo gran banchetto visionario. Potete vederlo su Sky.
**Breve nota a margine. L’idea del soggetto parte da uno splendido ( e cupo) cortometraggio francese del 1962, o meglio da un photo-roman (quasi tutto è realizzato con sequenze fotografiche) che si chiama La jetée (qui il link in lingua originale), in italiano L’imbarco, opera fondamentale non solo del genere distopico-fantascienza, ma pellicola inclusa tra le 50 più importanti della storia del cinema secondo il British Institute.
Non ci resta che piangere
Tutto cominciò da un rigo di una lettera di Petrarca a Barbato da Sulmona: «Non tutto in terra è stato sepolto: vive l’amor, vive il dolore; ci è negato veder il volto regale, perciò non ci resta che piangere e ricordare». Da qui il titolo della pellicola del 1984 che vede Massimo Troisi e Roberto Benigni, alle prese con penna e calamaio, davanti e dietro la macchina da presa. La storia in poche parole. Per un motivo oscuro, due amici percorrendo una strada di campagna vengono sbalzati alla fine del 1400 in un borgo dal nome immaginario. Dopo lo shock, ecco l’idea: anticipare i tempi, insegnare ai geni dell’epoca (Leonardo da Vinci) la tecnologia del futuro. Tra battute diventate di culto («Ricordati che devi morire», o il doganiere che chiede in loop «Chi siete? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!»( e l’omaggio alla famosa scena della lettera di Totò, il film resta un esperimento ben riuscito di commedia fantascientifica realizzata senza grossi mezzi. Il pubblico premiò la pellicola regalandogli il primo post al box office nella stagione.
** Breve nota a margine. Del film esiste un finale alternativo rispetto a quello pensato per la tv che lo trasmise l’8 dicembre del 1986 su Canale 5. Potete rivederlo su Netflix.
L’uomo che visse nel futuro
Il titolo originale richiama il racconto di H. C. Wells (uno dei grandiosi maestri della fantascienza) del 1895, “La macchina del tempo” (assolutamente da leggere). La pellicola di George Pal è imperdibile per gli amanti del genere, e nonostante siano lontani i tempi degli effetti speciali e delle Ai, l’effetto di alcune scene è davvero inquietante. Siamo in Inghilterra. Il Novecento è di là da venire, quando poco prima del party per Capodanno, sir George Wells (eh, già) cerca di convincere i suoi commensali che è davvero riuscito a costruire la macchina del tempo, provandola su sé stesso. Wells viaggerà all’indietro e poi nello stra-futuro, guardando un mondo distrutto dalle guerre atomiche e totalmente indifferente a una sorte grama e inutile.
** Breve nota a margine. Molti estimatori di H.C.Wells non gradirono l’adattamento del racconto proposto dal film che guadagnò il premio oscar per gli effetti speciali, regalando all’immaginario collettivo la celebre macchina del tempo realizzata per la pellicola dall’art director argentino William Ferrari e costruita da Wah Chan.