Basata sulla storia vera di Richard Gadd, che interpreta il protagonista sul piccolo schermo, la miniserie ha scatenato un dibattito in rete ma anche la caccia alla vera Martha
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Il ragazzo è convinto di essere divertente. Di avere la stoffa del comico. Per qualche ragione ne è così persuaso, che scambia il suo sogno per talento e la freddezza con cui viene accolto in scena, per incomprensione. È narcisista passivo e intermittente: capace di slanci e miserie, è egocentrico e indeciso, compassionevole e meschino. In valigia ha pochi ammennicoli, qualche mascherata, trombette, parrucche. Sembra più un intrattenitore per festine con quel completo a quadrettoni. Non fosse per le battute sboccate, i gesti sessualmente espliciti, lo si scambierebbe per uno dei tanti ragazzi che sbarcano il lunario facendo bolle di sapone mentre i bambini si rincorrono tra i gonfiabili e la tavola con i wrustel secchi chiusi nei panini.
In testa Donny ha poche idee, confuse perlopiù, affastellate e messe insieme a bracciate e poi gettate al pubblico. È più presente a sé stesso lo zio alticcio che al banchetto di nozze mette in imbarazzo lo sposo con un brindisi che rievoca vecchi vizietti. Lì qualcuno ghigna di nascosto, agli show di Donny Dunn non accade neanche quello. Il pubblico non ride, al massimo rumoreggia. Il ragazzo non ha coscienza di sé, non crede mai di non essere tagliato per la scena, per la comicità. È solo l’occasione che manca, si ripete, e arriverà, ne è sicuro, e lo renderà famoso, ricco. Il destino aspetta solo di compiersi e lo trasformerà in un uomo desiderato, amato, coccolato. A soddisfare questi sogni, più vicini ai bisogni, non sarà uno show memorabile, ma una donna.
Martha un giorno entra nel pub londinese dove lavora Donny. Ha l’aria spaesata di chi s'è persa a un incrocio, la borsa a tracolla segna le sue forme generose, la scrima dei capelli rivela una striscia di grigio non coperta da una mano di tintura. Non è attraente, non è curata. Non ha una sterlina in tasca. Si siede al bancone e aspetta. Donny riconosce quella solitudine, gli è familiare, quel poco amor proprio, quella debolezza estrema, le offre un the ed entra in una stanza buia. Da quel momento la relazione tra lui e lei si stringerà come un cappio al collo di entrambi.
Lei lo perseguita, lui si fa perseguitare. Non è la solita storia di una stalker che non si rassegna davanti a un rifiuto, è una storia di desideri incompiuti che cercano di compensarsi a vicenda. Lui ha bisogno di lei, ma la cosa lo disgusta. Lei ha bisogno di lui, e riesce ad appiattirsi e passare sotto le porte come un insetto, pur di insinuarsi in quella breccia che vede così chiaramente. Il rapporto tra i due si salda nel malsano, nell’ossessione, nelle bassezze che entrambi compiono pur di avere ciò che vogliono, che solo lontanamente collima.
Lateralmente Donny cerca ancora la gloria delle scene. È una canna al vento. Si fa molestare e poi violentare da uno sceneggiatore di uno show popolare, cedendo alle sue lusinghe. Baratta sé stesso per quello che reputa uno scopo più alto: il suo successo. Ha mille occasioni per evitare il pericolo, invece ne sfrutta altrettante per sguazzare dentro la melma incolpando la sua personalità fragile dei suoi fallimenti. Si odia e, allo stesso tempo, si piace. Nel masochismo trova rifugio, nel desiderio di ciò che non può avere, soddisfazione. Crede di non meritare nulla, ma lotta per avere tutto per poi perdere ogni cosa, ogni volta.
La serie Netflix è la più discussa del momento. Stephen King l’ha elogiata apertamente, molti l’hanno demolita, qualcuno si è messo sulle tracce della vera Martha. Già, perché quella della piccola renna (soprannome che la donna affibbia a Donnie) è una storia vera (ormai quasi tutte le storie per il piccolo e grande schermo, sono storie vere o quasi) e l’attore protagonista è lo scozzese Richard Gadd che ha vissuto la vicenda che ha interpretato e diretto prima a teatro e poi per lo schermo.
Questa particolarità ha aumentato la morbosa attenzione per questa produzione (l'ossessione a quanto pare è un virus molto contagioso) e qualche cronista è riuscito ad avvicinare la vera stalker che, fotografata di spalle, ha dimostrato che la realtà, spesso, non è che lo spin off poco riuscito della fantasia.
Il modo con cui Gadd nella serie si demolisce senza sconti, va di pari passo con l’empatia che si finisce per provare con Martha, donna squilibrata, è evidente, borderline, capace di cattiverie senza perdere la tenerezza. In qualche modo, paradossalmente, l'agire parassitario di Gadd, che finisce per riavvicinarsi a lei solo per accarezzare il suo ego bucherellato dai fallimenti, riesce a rendere la stalker amabile a tratti, meritevole di compassione rispetto a un giovane piacente, ambizioso, anche se autodistruttivo (con un certo compiacimento), che prende quello che vuole dalla più debole per poi arrovellarsi sui suoi sensi di colpa per autoassolversi.
Nonostante i tentativi di Donnie-Gadd, di vestire i caldi panni della vittima, è difficile non provare empatia per Martha (interpretata dalla bravissima Jessica Gunning). I ruoli tra i due sono sfumatissimi. Una è un oggetto di conforto, l’altro ama solo per avere conferme. In mezzo c'è un girone infernale di violenza che gli vortica intorno. Se questa serie ha un merito è quello di non aver tagliato con l’accetta i ruoli (buono/cattivo, colpevole/innocente), di aver piantato il dubbio in un vaso ampio così da farlo germogliare in fretta. Alla fine della fiera Gadd, tagliando con la finzione la realtà per renderla stupefacente quanto basta, ha dimostrato a tutti che aveva ragione lui: era destinato al successo, ma non senza Martha.