Bakhmut. Con i riflettori puntati sul conflitto israelo-palestinese e con il timore che lo stesso possa allargarsi coinvolgendo numerosi paesi del Mediterraneo, sembra ci sia dimenticati di un conflitto che ormai va avanti da poco meno di due anni. La situazione è arrivata a un punto di stallo e la tanto sperata controffensiva ucraina, che avrebbe dovuto ribaltare le sorti della guerra, non ha funzionato come doveva, nonostante le armi mandate in dotazione.

Difatti sembrerebbe che in cinque mesi di controffensiva, l'Ucraina sia riuscita ad avanzare di soli 17 chilometri. La Russia ha combattuto per dieci mesi attorno a Bakhmut, a est, il tutto per conquistare una città di 6 chilometri per 6. A confermarlo sarebbe il comandante in capo delle forze ucraine, il generale Valery Zaluzhnyi, che in un’intervista rilasciate al The Economist, avrebbe detto: «È stato un errore sperare nell'esaurimento della Russia», ritenendo la situazione al fronte bloccata.

A suo dire, da entrambe le parti ci sarebbe una situazione di stallo causata da un equipaggiamento militare molto simile e quindi con medesime capacità di difesa o attacco. Sulla base di un’attenta analisi, doverosa dopo il “primo blocco” della controffensiva, sembrerebbe che il comandante abbia sottolineato come l’attuale situazione al fronte ricordi lo stallo creatosi durante la prima guerra mondiale: «Proprio come nella prima guerra mondiale, abbiamo raggiunto un livello di tecnologia che ci mette in un vicolo cieco ... Molto probabilmente non ci sarà una svolta profonda…».

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L’ipotesi inizialmente avvallata dal militare aveva messo sul piatto il fatto che a causa dei numerosi decessi, Putin avrebbe potuto rallentare l’offensiva. Cosa che non è avvenuta, perché nonostante la perdita di 150mila uomini dall’inizio del conflitto, il Cremlino ha deciso di continuare. Perdite che, secondo Zaluzhnyi, avrebbero portato altri paesi a fermare il conflitto. Ma ciò non è accaduto, ricordando come anche durante la prima guerra mondiale, la Russia sia andata avanti perdendo decine di milioni di uomini.

Cosa sarebbe dovuto accadere

Sulla base delle previsioni che erano state fatte, l'esercito ucraino avrebbe dovuto avanzare ad una velocità di 30 km al giorno, sfondando le linee nemiche. Questo basandosi anche sulle teorie e strategie militari studiate su testi Nato. Ma è risaputo, che la realtà sul campo, non combacia spesso con i libri di testo e si scontra con una realtà dove le vite e le battaglie si perdono con uomini veri.

Sempre il generale, parlando di ciò che è avvenuto durante il periodo della pianificazione della controffensiva, ha dichiarato: «Se si guardano i libri di testo della NATO e i calcoli matematici che abbiamo fatto, quattro mesi sarebbero dovuti bastare per raggiungere la Crimea, combattere in Crimea, tornare dalla Crimea, andare lì e tornare ancora», ma la cosa non sembra avere funzionato, anche perché sempre a detta del comandate affinché ci sia un reale ribaltamento della situazione, bisognerebbe usufruire di tecnologie più avanzate rispetto alla Russia. Solo quello sarebbe in grado di cambiare le sorti dell’attuale stallo.

La controffensiva sarebbe, dunque, rimasta bloccata nella sua avanzata. Una delle cause sarebbe da imputare alle mine posizionate nei campi verso Bakhmut, soprattutto nella zona est. Questa oggettiva difficoltà nell’avanzare, causata dal rischio di saltare in aria, avrebbe bloccato nei campi minati gli ucraini, che sono successivamente divenuti un facile obiettivo per i russi. Perdendo l’equipaggiamento fornito dall’Occidente sotto i colpi di artiglieria e dei droni nemici.

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Così come nel sud dove la giovane esperienza delle truppe inviate in combattimento, nonostante le dotazioni altamente moderne, si sono trovate in difficoltà. Questo chiarisce anche il perché del cambio di rotta del Cremlino quando, lo scorso anno, decise di richiamare alle armi militari congedati e di età superiore ai 45 anni, perché le loro capacità operative, superavano di gran lunga quelle dei giovani coscritti e mandati a morire.

Preoccupante il numero dei riservisti

Ma a preoccupare è anche il numero dei riservisti il cui arruolamento è divenuto priorità. Secondo il generale, la Russia non ha saputo mettere a sistema il cospicuo numero di riservisti, proponendo una valutazione già avvallata durante la prima fase del conflitto, secondo la quale se fosse stata chiamata una “mobilitazione generale” ci sarebbero stati, per il presidente Putin, seri problemi dal punto di vista politico.

«Anche l’Ucraina ha limitate opportunità di addestrare le riserve sul proprio territorio. Non possiamo ruotare facilmente i soldati al fronte. Inoltre, la Russia può colpire i centri di addestramento». A detta di Zaluzhnyi a mettere ancora più in difficoltà il comparto Difesa, ci sarebbero delle leggi che consentirebbero ad alcuni cittadini di evitare l’arruolamento.

Così il governo starebbe ponendo rimedio a queste “barriere” introducendo un unico registro con chi sarebbe già arruolato e chi potrebbe essere chiamato alle armi. Da mesi invece, secondo contatti in loco, che sono al fronte già da tanti, troppi mesi, sarebbe già stato introdotto, con il supporto di addestratori “esterni” l’addestramento al combattimento e che prevedrebbe l'invio di militari appena mobilitati e addestrati in unità esperte in prima linea.

Lo stesso motivo per il quale nel sud vi è un’impasse per la poca esperienza del personale mobilitato. Dall’inizio del conflitto, da quando parlavo a Kharkiv con i locali e con i militari, si parlava di una guerra lunga, che si sarebbe protratta per logoramento. Adesso con i fari puntati “altrove” si corre sempre più il rischio che questo timore diventi realtà tangibile.